Lui si chiude a guscio e si dedica quasi solo al lavoro


Come smuovere la passività di un partner che si dedica solo al lavoro? Ogni coppia si basa su patti più o meno espliciti, quando ci si accorge di non riuscire a capirsi, serve riprendere le fila del discorso partendo dalle fondamenta.


Lui si chiude a guscio e si dedica quasi solo al lavoro - Valerio Celletti

Domanda

Buonasera, ho un problema con mio marito. Lui è un carattere un po’ strano per me. Lui sta molto a posto suo, anche quando gli parlo delle cose nostre, del fatto che non funzionano come dovrebbero…

Ma lui si chiude in un guscio. Provo sempre a parlarci, ma lui niente. Di qualsiasi cosa si tratti nel nostro rapporto, lui è molto preso solo dal suo lavoro. È assente in casa… Mi accorgo che è stressato, ma quello non è tutto nella vita. Nella vita di coppia, di qualsiasi cosa se ne parla tra marito e moglie. Io sono sempre a casa, mentre lui è quasi sempre fuori per lavoro. Avanti e indietro, sempre per lavoro.

Nella vita di coppia, per quanto riguarda il sesso, anche in questa cosa lui è diventato un problema. Non riesce a stare in gran forma a quel livello. Non riesce a mantenere l’erezione. Già da tempo prende del medicinale per questo; siamo stati da un dottore che gli ha diagnosticato ipertrofia della prostata, che è patologica, ma anche che per lo stress che non riesce a mantenere la penetrazione…

Un consiglio… Grazie.

il sessuologo risponde - 15 - Lui si chiude a guscio e si dedica quasi solo al lavoro

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Risposta di Valerio Celletti

Gentile lettrice, la situazione che descrive ribadisce in più occasioni la presenza di un problema di comunicazione nella coppia.

In molti passaggi, ribadisce quanto lei abbia provato a parlargli, coinvolgendolo nei problemi e nelle difficoltà quotidiane che percepisce. Nonostante questo, lui non sembra essere intenzionato a partecipare alle discussioni. Ma sia chiaro, l’assenza di uno spazio comunicativo non è il problema di comunicazione. Il fatto che non parliate è un ostacolo evidente, se non si parla difficilmente ci può essere una comunicazione funzionale, ma il problema di comunicazione si evidenzia in un altro aspetto del discorso. Cioè nel fatto che nonostante lui insista nelle sue scelte di non comunicare o di dedicarsi esclusivamente al lavoro, lei non abbia ancora capito il motivo del suo comportamento.

Finché non lo avrà capito in un modo che le risulti sufficientemente chiaro e convincente, è probabile che tenderà ad avere difficoltà ad affrontare la situazione in modo efficace.

La coppia come spazio di condivisione totale?

Nella sua domanda ha espresso con chiarezza la sua idea che la coppia sia uno spazio in cui poter parlare di tutto. Condivido la sua idea che sia importante che le coppie possano condividere molto, ma siamo sicuri che sia necessario condividere tutto?

Ogni coppia, in modo più o meno esplicito, crea dei sani margini di autonomia che permettono ai partner di respirare e crescere. È utile che esistano delle aree di non condivisione, ma può essere controproducente se queste aree non sono note ad entrambi, o se producono disaccordo.

Nella sua relazione, ha descritto una divisione importante tra le vostre attività. Lui si dedica al lavoro mentre lei trascorre molto tempo in casa. Immagino che questa divisione sia presente da tempo e che non sia una novità recente della vostra relazione. In molte coppie questa divisione può essere ragionata e condivisa. Eppure è possibile che, anche a causa della vostra difficoltà di comunicazione, nella vostra relazione esista una suddivisione delle responsabilità non esplicitata. Questa divisione, forse, vede lui come responsabile solo del lavoro e lei, invece, responsabile di tutto quello che concerne la vita domestica, familiare, affettiva e sessuale.

I patti non esplicitati possono portare a fraintendimenti

In questa prospettiva, è possibile che il suo desiderio di dialogo (pienamente condivisibile) possa risultare fraintendibile. Coinvolgere suo marito in una conversazione su problemi di coppia potrebbe suonare come una delega a problemi di cui non si sta prendendo la responsabilità pattuita. Per fare un esempio, è come se aveste pattuito che lui si occupa della spesa e lei del cucinare, e poi quando torna dal supermercato lui si ritrovasse coinvolto nel ragionare sul come cucinare quanto acquistato.

Questo dubbio è alimentato anche dal fatto che lui non le parla delle sue difficoltà lavorative. Lui potrebbe chiudersi “a guscio” per innumerevoli ragioni, ma forse un motivo plausibile potrebbe essere che lui ritenga che quella sia una sua responsabilità esclusiva che non vuole scaricare su nessuno. “Non ne parlo per non appesantirla”. “Sto male io, per non danneggiare anche lei”. “La proteggo dalle mie difficoltà”. E, probabilmente senza accorgersene del tutto, è possibile che questo approccio finisca per escluderla, lasciandola sola ad affrontare i problemi di coppia. In questa prospettiva, un possibile errore di valutazione di suo marito potrebbe essere il fatto che i problemi di coppia, diversamente da quelli professionali, non la danneggiano per colpa di terze persone, ma a causa del mancato coinvolgimento del suo partner che è l’unico a poter gestire le proprie difficoltà. Se lui, per esempio, sul lavoro ha un problema con un cliente o un fornitore, può cercarne altri. Se lei ha un problema con suo marito, non può risolverlo senza eventualmente cambiare la propria idea di relazione.

Coinvolgerlo nel dialogo

Ad oggi esistono diverse difficoltà di coppia, di cui una nello specifico è risultata più evidente e vi ha spinto a contattare un medico, la disfunzione erettile.

In occasione di una consulenza medica, il dottore ha diagnosticato un’ipertrofia patologica della prostata. Per questo problema, suo marito ha iniziato una terapia farmacologica che non scrive da quanto tempo sta assumendo. Immagino che, salvo diverse indicazioni, possa esservi utile ricontattare il medico che ha visitato suo marito. Credo che vi abbia detto di assumere la terapia farmacologica per un determinato periodo per contenere o curare i sintomi e, nel caso in cui non ci fossero stati miglioramenti, avrebbe valutato altre opzioni, tra cui quelle chirurgiche. Ricontattatelo per verificare.

Comunque, la difficoltà sessuale è un argomento su cui lui, forse, è riuscito a sentirsi sufficientemente coinvolto da prendere un’iniziativa. Dico forse perché nella sua domanda non lo scrive, ma ho il dubbio che data la sua descrizione della situazione, sia stata lei a riuscire a spingerlo a consultare un medico. Forse mi sbaglio, ma è possibile che lui non sarebbe intervenuto neanche su questo, fino a quando non avesse percepito sintomi così dolorosi da impedirgli di lavorare.

In entrambi i casi, su questo tema lei è riuscita a coinvolgerlo. Forse è stato un argomento su cui è riuscita ad essere più insistente. È possibile che lui si sia sentito più coinvolto per il tema sessuale. In alternativa è possibile che lei abbia prenotato la visita con il medico e che lui abbia partecipato passivamente. Serve capire cosa ha funzionato per iniziare a lavorare sul problema di comunicazione ed iniziare a costruire un’idea di coppia che possa essere più esplicito, più funzionale e maggiormente vicino alle esigenze di entrambi.

Farsi aiutare in psicoterapia di coppia

Date queste premesse, credo che possa esservi utile lavorarci in psicoterapia di coppia. Se lui non comprendesse la richiesta, potrebbe esserle utile adottare una delle tattiche che hanno funzionato per la visita medica. Al contempo, in psicoterapia la passività emergerà come un ostacolo da superare. Il vostro psicoterapeuta proverà a creare un contesto che cerchi di coinvolgerlo il più possibile, ma poi sarà lui a dover scegliere di partecipare.

C’è chi decide di farsi aiutare quando chiama uno psicoterapeuta, c’è chi lo decide dopo molti colloqui di psicoterapia in cui “vado perché devo”, avendo difficoltà a capire il motivo per cui potrebbe essergli utile volerci andare. Se lui non riuscirà a chiedere aiuto, è possibile che finirà per tenersi i suoi problemi, ed eventualmente le loro conseguenze. Quello che possiamo fare è solo creargli il contesto più confortevole, poi starà a lui decidere se e quando lasciare che gli altri provino ad aiutarlo.

Spero di esserle stato di aiuto, non esiti a scrivermi per ulteriori dubbi.

Cordiali saluti.

Dr. Valerio Celletti