Chiedo troppo? Il sessuologo risponde #51
Per il 51° appuntamento della rubrica il sessuologo risponde, mi scrivono: “Voglio una persona forte, ma che sappia ascoltare. Decisa ed attiva, ma anche dolce e attenta. Chiedo troppo?” Forse si, forse no. Vediamo insieme alcune cose che è opportuno considerare.
Risposta di Valerio Celletti
Gentile, ho estratto un pezzo di un discorso più ampio per rispondere ad un argomento che apre una finestra su un aspetto complesso delle relazioni di coppia. Quanto chiedere? Chiediamo troppo? Ci accontentiamo chiedendo troppo poco?
Un dialogo che inizia da soli
Scegliere un partner non accade solo in presenza dell’altra persona. Una parte fondamentale del ragionare sulla coppia avviene in solitudine, in compagnia della propria idea dell’altro, realistica o fantasiosa che sia. Una parte fondamentale del processo di scelta avviene in assenza dell’altro, e prosegue tenendo sempre presente un’idea che non descrive mai davvero la persona che scegliamo.
Nel pensare ad una persona con cui avere una relazione, può essere naturale arrivare a chiedersi se si sta chiedendo troppo. A volte effettivamente si hanno pretese eccessive. Altre, invece, si pretende troppo poco accontentandosi.
Nella maggior parte dei casi il problema non è la quantità di quello che si chiede, ma la coerenza delle caratteristiche immaginate ed il modo in cui si concettualizza l’altra persona. Pensare in modo coerente aumenta la probabilità di avanzare richieste ragionevoli.
Il partner non è un curriculum
Un errore frequente nell’immaginare la persona con cui si desidera avere una relazione, è pensarla negli stessi termini con cui si stila un curriculum per un posto di lavoro.
Pensare che debba essere bella, intelligente, benestante, simpatica, ecc… è comprensibile nel momento in cui le qualità sono tendenzialmente desiderabili, ma stilare un elenco di qualità irrinunciabili contribuisce a creare un’idea incoerente, irrealistica ed inefficace dell’altra persona.
Ragionare per skill e competenze tende a creare un mostro di Frankenstein dalle caratteristiche contrastanti. Forte ma fragile, poetico ma concreto, responsabile ma intraprendente. Un’idea realistica solo sulla carta.
I rapporti tra persone non sono contratti di lavoro, e vedere l’altra persona come qualcuno da assumere nella propria vita innesca dinamiche disoneste in cui ha senso millantare competenze non autentiche per farsi scegliere, nascondere le cose al datore di lavoro, o, in assenza di un aumento retributivo iniziare a lavorare il meno possibile nella convinzione di aver acquisito credito per il passato. Tutto molto discutibile, ma accade nel lavoro e accade nelle relazioni di coppia.
Uguali o contrari? Chi si assomiglia si piglia?
È utile ragionare in termini di coerenza, sia interna sia esterna. Su sé stessi non significa, ancora in termini di curriculum, capire cosa ci si può permettere di chiedere in corrispondenza a cosa si offre, ma piuttosto capire di cosa si ha bisogno e quanto si è compatibili con la propria richiesta.
Potrebbe essere ragionevole pensare di poter cercare persone simili a sé, ma non sempre le persone cercano qualcuno di simile. A volte cercano persone volutamente diverse da sé. Quindi è difficile prevedere cosa vorranno gli altri.
Investire tutto in una qualità: bellezza, ricchezza, affidabilità, ecc… rischia di non essere lungimirante. Spesso un approccio sbilanciato può avere la sua massima efficacia nel corteggiamento, in cui si vede solo una parte della persona, ma nel lungo periodo tendono ad emergere bisogni più complessi. Frequentarsi poco tende a rallentare il procedere della relazione.
Comuni o speciali?
Conoscere sé stessi implica essere più consapevoli di cosa offriamo, permettendo di ragionare in termini realistici sugli altri. Quando le persone affermano che “sono tutti/e uguali”, dimostrano la propria difficoltà. Non è vero che le persone funzionano tutte allo stesso modo, ma la nostra capacità di leggerle individua solo un meccanismo che ci sembra onnipresente in tutti. Nessuno è uguale e tutti si somigliano.
Allo stesso modo pensare di essere speciali o che la persona che ci piace sia unica e irripetibile è un punto di vista discutibile. Come per l’idea che tutti siano uguali nei loro difetti, altrettanto è falso che le qualità siano uniche. La maggior parte delle persone hanno diverse qualità e non tutti ne hanno un numero uguale. C’è chi ne ha di più e chi ne ha di meno. La vita non è equa o giusta.
Considerare tutti allo stesso modo è una semplificazione che crea più problemi di quanti ne risolva.
Pensare la relazione in 3D
Per evitare di avere un’idea piatta degli altri, serve avere un’idea tridimensionale soprattutto di sé stessi. Infatti il giudizio netto verso il mondo solitamente è conseguenza di un’idea altrettanto parziale della propria persona. Siamo tutti complessi, sfumati e con le nostre inevitabili contraddizioni. Conoscere ed abbracciare la propria complessità permette di riconoscere anche la complessità altrui.
Quindi è importante non focalizzarsi solo su una caratteristica e cercare di pensare alla propria persona in modo realistico e profondo.
Ancora, non si parla di pregi e difetti da curriculum. Lo specifico perché il fraintendimento è sempre in agguato. Alcune qualità non sono necessariamente personali. Avere una storia di vita, avere delle possibilità per il proprio futuro, avere dei valori o un’ideologia, provare alcuni sentimenti o vivere con un determinato stile relazionale, per esempio serio o disimpegnato, sono solo alcune delle infinite caratteristiche che contraddistinguono le persone.
Gli altri non possono sapere queste cose, e noi non possiamo saperle di loro. Alcuni cercano di comunicare queste informazioni indirettamente come con l’abbigliamento, o direttamente affermando di essere in un determinato modo. Ma in realtà certe cose si scoprono solo con il tempo.
Avere contatto con la propria complessità offre uno spiraglio sulla complessità altrui.
Comunicare, comunicare, comunicare
Lavorare sulla comunicazione, prima di una relazione, agli inizi della relazione, nel corso della relazione o durante la chiusura di una relazione, è sempre una buona idea.
Comunicare aiuta a conoscersi, a conoscere l’altra persona, a farsi capire quando si chiede qualcosa ed a provare a capire cosa chiede l’altra persona.
Il tempo dedicato alla qualità della comunicazione è quasi sempre investito bene.
Quando si ha il dubbio sul chiedere troppo o troppo poco, è utile ragionare su di sé, sulla coerenza di quello che si chiede, sul proprio modo di comunicare e vivere la relazione, e provare ad usare queste informazioni per rispondersi.
Amici, parenti e conoscenti possono essere di aiuto offrendo un’occasione di confronto. Ma la risposta più attendibile non deriva mai da loro. Lavorare su sé stessi e coltivare una propria idea è la strada più efficace, e farlo in modo corretto coltivando il dubbio, senza cedere a convinzioni granitiche e sperimentando, rende più probabile arrivare a considerazioni ragionevoli.