Riassunto

Per il 59° appuntamento della rubrica “il sessuologo risponde”, mi scrive una persona che si interroga sull’eterofobia. Cosa significa essere intolleranti? È un comportamento innato o appreso?

L’eterofobia è innata o appresa?


Per il 59° appuntamento della rubrica “il sessuologo risponde”, mi scrive una persona che si interroga sull’eterofobia. Cosa significa essere intolleranti? È un comportamento innato o appreso?


L’eterofobia è innata o appresa? Una riflessione sull'intolleranza - Il sessuologo risponde #59

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Il sessuologo risponde #59

Buona sera dottore, vorrei chiederle un parere su due tematiche sull’orientamento sessuale che mi affliggono tanto e vorrei sapere se ci si nasce, cioè se c’è un’influenza genetica e culturale.

La prima, ho visto che aveva fatto un video sull’omofobia. Io ho il problema inverso che mi dà noia e mi fa stare male cioè Eterofobia, ma vorrei sapere da lei se ci sono nato.

La seconda cosa che volevo sapere era riferito alle fantasie sessuali. Mi identifico come Donna nel rapporto sessuale, ma poi per la vita in generale mi sento uomo. Vorrei sapere se ha mai avuto a che fare con un desiderio così nei suoi pazienti e se ci si nasce.

Grazie

Risposta di Valerio Celletti

Gentile, grazie per aver scelto di condividere con me i suoi dubbi.

Provo a risponderle per come mi è possibile, considerando che le sue domande toccano un macroargomento su cui non esiste un accordo unanime. Infatti, il dibattito che coinvolge il rapporto tra natura e cultura è trasversale ad innumerevoli argomenti. Se l’intelligenza sia una caratteristica genetica o culturale, se i gusti siano innati o acquisiti, o se il carattere sia ereditato o appreso.

Natura vs cultura

È una domanda che è possibile porsi su quasi ogni caratteristica degli esseri viventi. Per non essere dispersivi, si può sintetizzare una risposta affermando che esistono predisposizioni più o meno accentuate che trovano un senso nell’interazione con l’ambiente. Anche i concetti più innati e spontanei non sono mai esclusivamente genetici.

La mente, le informazioni contenute nel nostro cervello, non nasce in un ambiente astratto, ma in un corpo che riceve input dall’esterno e che ha senso solo all’interno di questa interazione. Niente corpo, niente mente. Il corpo vive in un ambiente, e produce informazioni di senso nell’interazione con l’ambiente. Niente ambiente, niente informazioni, niente corpo, niente mente. Quindi è impossibile dividere completamente natura e cultura. Esistono entrambe con pesi diversi a seconda dell’argomento discusso.

L’eterofobia è l’opposto dell’omofobia?

Nella sua domanda cita il video in cui ho risposto ad una persona che mi chiedeva un parere sulla propria omofobia interiorizzata. In questo senso, omofobia ed eterofobia sono termini che non significano esattamente l’uno il contrario dell’altro. Entrambi a volte sono usati in modo improprio.

Il termine omofobia riguarda un’intolleranza nei confronti delle persone di orientamento sessuale omosessuale. Spesso, però, viene utilizzato in senso generale nei confronti di tutti gli orientamenti sessuali minoritari, includendo a volte anche le identità di genere transessuali o non binarie.

Invece, l’eterofobia ha un significato ancora più generale di intolleranza nei confronti di tutte le persone considerate diverse da sé. Ma è frequente che il termine eterofobia sia utilizzato anche per riferirsi, come immagino intendesse lei, ad un’intolleranza nei confronti delle persone di orientamento sessuale eterosessuale.

Questa confusione potrebbe già dare l’idea di quale argomento stiamo andando a discutere. Si parla di intolleranza. Verso chi, per quale motivo, con quale intensità, sono tutte variabili che possono dipendere da diversi fattori.

L’intolleranza è innata?

Essere intolleranti è un’esperienza spontanea. A tutti, chi più e chi meno, chi prima e chi dopo, capita di essere intolleranti verso qualcuno o qualcosa. Il meccanismo sottostante l’intolleranza è complesso e riguarda l’interazione tra diversi fattori.

Esistono intolleranze più o meno esplicite. Le intolleranze esplicite possono portare a comportamenti evidentemente discriminatori e potenzialmente violenti, mentre un atteggiamento implicitamente intollerante può comportare scelte di cui si è poco consapevoli, ma che sanno essere anch’esse dolorose e discriminatorie. Ne sono un esempio i criteri di assunzione per un lavoro. Se nell’assumere una persona, a parità di criteri, si preferisce assumere un connazionale rispetto ad uno straniero, è probabile esista un’intolleranza più o meno profonda nei confronti degli stranieri.

Intolleranza spontanea e intolleranza appresa

L’intolleranza è un processo naturale, spontaneo, che si sviluppa nell’iterazione con l’ambiente e con l’apprendimento sociale. Distinguiamo i due processi. Infatti, è naturale che esista spontaneamente un certo grado di rifiuto per tutto quello che è diverso dalla propria esperienza. L’emozione principale che muove questo meccanismo è il disgusto, cioè l’emozione che la mente innesca quando rileva un’incompatibilità tra un pensiero e le aspettative personali. È corretto avere delle aspettative su di sé, sugli altri e sul mondo basate sulla propria esperienza, ed è naturale provare un lieve disgusto per tutto quello che è incompatibile con la propria esperienza, dato che è un’esperienza sempre parziale e limitata.

Diversamente l’ambiente e la cultura possono favorire un approccio flessibile e riflessivo a sé, agli altri e al mondo fatto di consigli, opinioni e regole, o suggerire risposte sintetiche, nette e dicotomiche su cosa è giusto e cosa è sbagliato imponendo leggi e lezioni di vita. A seconda dell’approccio, le aspettative individuali saranno più o meno flessibili. Maggiore è il disgusto, più probabilmente diventa impossibile riflettere lucidamente sulle proprie aspettative su di sé, sugli altri e sul mondo.

Un ambiente spaventato produce persone intolleranti

Se l’ambiente è profondamente spaventato dagli altri e dal mondo, è probabile che il disgusto sarà accentuato da un meccanismo prodotto dalla paura. Imparare che il mondo è un luogo pericoloso, che gli altri sono persone pericolose, che alcune caratteristiche personali sono pericolose, favorisce l’apprendimento di uno stile che contiene aspettative rigide su come deve essere il mondo, come dovrebbero essere le persone, come dovremmo essere noi. L’eterofobia è l’intolleranza verso il diverso, cioè verso tutti coloro che non sono come pensiamo che dovrebbero essere, in una logica secondo cui tutti dovrebbero essere uguali a noi.

È raro che le maglie della propria selettività siano così strette da non lasciare entrare nessuno oltre a sé stessi. Generalmente il criterio ha sempre un minimo di elasticità per includere un gruppo più o meno ampio di persone. Però quasi tutti i gruppi spaventati hanno un certo grado di intolleranza verso chi temono. È un meccanismo spontaneo che sarebbe utile fosse la cultura a cercare di mitigare promuovendo tolleranza e inclusività insieme a regole e consigli razionali. Invece, purtroppo, la promozione di civiltà spesso diventa più una lotta tra fazioni che un dialogo costruttivo.

Soffrire di eterofobia

Questa premessa è servita, spero, per rendere comprensibile la mia risposta in merito al suo soffrire per i propri atteggiamenti eterofobi di intolleranza nei confronti delle persone di orientamento eterosessuale. È naturale lei abbia un certo grado spontaneo di disgusto e intolleranza per qualcosa diverso da quello che è centrale nella sua esperienza, e che quindi abbia alcune ragioni per vivere l’eterosessualità o qualcosa ad essa associato come disgustosi.

Altrettanto è possibile che la paura abbia intensificato questo meccanismo e che lei abbia fatto esperienza di come l’eterosessualità, le persone eterosessuali o qualcosa collegato alle persone eterosessuali possa essere pericoloso per lei, provocando un irrigidimento delle sue aspettative.

Quello che serve, per quanto possibile, è provare ad interrogarsi sulla parzialità delle proprie aspettative e sul senso dei pericoli da cui si sta proteggendo. Forse le sue idee sull’orientamento sessuale eterosessuale sono parziali e poco realistiche, come è possibile che la sua idea secondo cui quello che è collegato all’eterosessualità sia pericoloso sia la sintesi estrema di qualcosa di più complesso ed articolato.

Non è nato provando eterofobia. Come la maggior parte delle persone, lei ha un certo grado spontaneo di intolleranza che, forse, è peggiorata frequentando ambienti e persone che hanno condiviso esperienze spaventate nei confronti dell’eterosessualità. Fare esperienza non significa apprendere passivamente le lezioni altrui, ma ricavarne lei delle lezioni che ritiene valide. Provi a filtrare certi contesti cercando di rifletterci con lucidità, ed è possibile che arriverà a conclusioni diverse.

Sentirmi donna nel sesso e uomo nella vita

La sua seconda domanda coinvolge un argomento molto vicino alla prima. Infatti, la sua domanda riguarda due aspetti diversi, il gusto ed il significato attribuito alla mascolinità ed alla femminilità.

Non è possibile sapere se i suoi gusti nella sessualità sono innati o appresi. I gusti nascono nell’interazione tra mente, corpo e ambiente. Credo sia impossibile capire cosa è nato prima, se qualcosa di totalmente innato (tenendo a mente che l’innato comprende sempre un’interazione ambientale) o appreso (considerando che l’esplorazione può dare accesso a prospettive che possono rendere piacevoli la maggior parte delle situazioni). Forse può provare a capirlo ragionando sulla propria storia personale, ma sarà sempre una ricostruzione e forse non risponderà mai con certezza a questo suo dubbio.

Altrettanto, non è possibile sapere se la sua idea di cosa sia un uomo e cosa sia una donna sono idee che ha sviluppato in autonomia o che ha appreso nell’interazione ambientale. Dato il dualismo con cui vive queste idee, considerandosi maschile o femminile a seconda del contesto, forse potrebbe esserle utile rendere più coerente questo pensiero costruendo maggiore continuità tra i due costrutti.

Forse è possibile che i comportamenti o i piaceri che associa alla femminilità non siano necessariamente esclusiva femminile, e, altrettanto, che i comportamenti o gli atteggiamenti che attribuisce alla mascolinità non siano un’esclusiva maschile.

Coerenza e benessere identitario

Non c’è un modo giusto di viverlo. C’è chi si trova bene ed apprezza il tenere compartimentati vari aspetti della propria identità e chi preferisce amalgamare il tutto in un costrutto unico e coerente. Possono andare bene entrambe le possibilità, ma la seconda tende ad essere più efficace in quanto maggiormente versatile nell’interazione ambientale.

Mantenere compartimentate le idee di “come sono nel sesso” e “come sono nel quotidiano” la espone al rischio di distinguere in modo netto alcuni elementi di sé. Ma come farà se in futuro le capiterà che il quotidiano diventi sessualizzato o quando il sesso conterrà elementi del quotidiano? Magari non succederà mai e non si troverà mai davanti al dover rimettere mano a queste convinzioni, ma tanto più riesce ad ammorbidirle, tanto più vivrà con facilità la complessità degli eventi futuri.

Riconoscere di essere sempre sé stesso, con tutte le sue complessità ed “apparenti” contraddizioni, può permetterle di avere la possibilità di vedersi come più maschile o più femminile, senza necessariamente dividere in modo netto le due idee, sia riguardo sé stesso, sia nei confronti delle altre persone. Gli uomini hanno la possibilità di vivere la sessualità nel modo che lei ritiene femminile, come le donne hanno la possibilità di vivere il quotidiano nel modo che lei ritiene maschile. Non riconoscerlo rischia di promuovere un certo grado di intolleranza verso entrambi i generi. In questo senso, forse le due domande sono collegate ed ha senso vengano entrambe dalla stessa persona.

Dr. Valerio Celletti

L’eterofobia è innata o appresa? – Il sessuologo risponde #59 – Valerio Celletti

L'eterofobia è innata o appresa? Una riflessione sull'intolleranza - Il sessuologo risponde 59 - Valerio Celletti