A cosa serve conoscere sé stessi?


Conoscere sé stessi è importante, ma non è la soluzione a tutti i problemi emotivi. Non è sufficiente. Serve competenza, metodo, ordine e costanza. E anche con questi non si diventa esenti dalle difficoltà emotive. Si impara solo a gestirle meglio, più in fretta e con maggiore autonomia.


A cosa serve conoscere sé stessi? Ascolto e dialogo in psicoterapia - Valerio Celletti

Mai innamorarsi delle proprie idee.

Tutti hanno idee, convinzioni, credenze e valori più o meno strutturati e consapevoli. In molte occasioni della vita è possibile trovarsi inavvertitamente a fare i conti con sé stessi e con le parti di sé di cui non si è pienamente consapevoli. Per questo motivo esiste la psicoterapia ed i percorsi psicologici. Imparare ad ascoltarsi ed essere consapevoli dei propri pensieri è un passaggio chiave per il benessere emotivo. Ma è frequente sottovalutare un passaggio fondamentale. Una volta presa consapevolezza di sé, a cosa serve conoscere sé stessi?

Infatti, è frequente che le persone non abbiano sufficientemente chiaro cosa farsene delle proprie consapevolezze. Al punto che alcune persone si chiedono a cosa possa servire la psicoterapia dato che ritengono di essere già sufficientemente consapevoli delle proprie difficoltà. Queste persone spesso finiscono per innamorarsi delle proprie idee senza rendersi conto dei falsi miti a cui stanno aderendo.

Vediamo insieme alcuni falsi miti sulla consapevolezza che può essere utile mettere in discussione.

Falso mito: I problemi emotivi, se resi consapevoli, si risolvono da soli.

L’idea che le emozioni siano argomenti semplici da risolvere è frutto dell’incontro tra un fraintendimento e una grande semplificazione.

Quasi nessuno è davvero convinto che le idee alla base delle emozioni siano semplici, al punto che la maggior parte delle persone tende a riconoscere la complessità di alcuni temi come la vita, il valore, l’amore, la morte, ecc…

Però chi crede che la consapevolezza sia la soluzione generalmente fraintende la natura del problema. Confonde il problema emotivo con un problema pratico. Di conseguenza, offre soluzioni pratiche invece che soluzioni emotive. Quante volte può essere capitato di sentir dire “non starebbe così male se solo facesse più X/Y/Z” o “facesse meno X/Y/Z”?

Diversamente, una soluzione emotiva consiste nell’imparare a soppesare diversamente i propri pensieri. Quindi una soluzione emotiva potrebbe consistere nell’imparare a vedere un problema da un punto di vista alternativo più completo del proprio.

Le persone che commettono questo fraintendimento tendono a non rendersene conto. In tal senso, rendersi conto della differenza tra problemi pratici ed emotivi è uno strumento utile a comprendere la complessità dei problemi emotivi e l’insufficienza della sola consapevolezza.

Falso mito: I dolori emotivi contengono verità profonde che, una volta consapevoli, ci guidano nella vita.

È frequente che le persone diano maggiore credito alle esperienze emotive per il solo fatto che coinvolgono le emozioni. La falsa credenza consiste nell’idea che se c’è un’emozione, allora l’esperienza viene automaticamente considerata più autentica, importante e significativa di un’esperienza priva (o povera) di emozioni. Di conseguenza, rendere consapevoli alcuni processi emotivi può essere interpretato come strumento per diventare naturalmente più autentici, veri e ricchi nel proprio comportamento.

Tale idea è spesso diffusa nelle persone con tratti ossessivi. Infatti, le persone ossessionate dai pensieri hanno la tendenza a credere di dover ubbidire passivamente alle proprie idee per il solo fatto di averle pensate o di aver provato emozioni nel pensarle. Tale fraintendimento comporta una certa difficoltà nel rispondere efficacemente ai pensieri intrusivi.

Le emozioni non contengono verità perché non descrivono la realtà. Le emozioni sono processi sinceri, ma non veri, che descrivono il nostro punto di vista sulla realtà, ma non la realtà. I dolori emotivi esprimono il dolore di una prospettiva che, una volta compresa, può essere gestita imparando a rapportarcisi in modo più realistico. Le consapevolezze emotive non guidano nella realtà, ma aiutano ad orientarsi nella realtà tenendo in considerazione sé stessi.

Distinguere tra ascoltarsi e parlarsi

Conoscere sé stessi è importante, ma altrettanto è importante parlarsi. È importante considerare il modo con cui ci si rivolge a sé stessi, i contenuti, i toni e il motivo per cui si dialoga con sé stessi. Da un lato è utile saper assumere ruoli accoglienti di ascolto senza cadere nella passività, e dall’altro avere la capacità di prendere posizioni assertive senza risultare ostili ed aggressivi verso sé stessi.

Serve spirito critico e competenza. La psicoterapia è il contesto in cui costruire determinate competenze ed imparare a dialogare efficacemente con sé stessi. Non si tratta quindi solo di imparare ad ascoltarsi e diventare consapevoli di qualcosa, ma anche imparare a rispondersi tutte le volte che serve.

Un errore frequente, spesso conseguente ai falsi miti citati, consiste nel sottovalutare la complessità della sfida insita nel problema emotivo. Di conseguenza si pretende di gestire l’emozione senza strumenti, senza dedicargli tempo, senza riordinare le idee, senza informarsi e senza sperimentare. Non è un modo serio di affrontare un problema. Chiunque voglia conseguire qualsiasi risultato, si tratti anche solo di cucinare qualcosa di commestibile, sa che è necessario adeguarsi ad una serie di regole. Allo stesso modo, le emozioni richiedono tutta una serie di accorgimenti per essere trattate con efficacia.

Tutto avviene in un contesto

Contestualizzare può essere di grande aiuto per semplificare una sfida emotiva. Ogni emozione avviene in un contesto definito nel tempo e nello spazio. Un’emozione può essere prodotta da pensieri evidentemente contestuali o da pensieri maggiormente personali e automatici. Le emozioni intense, di solito, sono conseguenza delle riflessioni più personali. Anche quando accade qualcosa di più evidente, la parte intensa dell’attivazione emotiva tende sempre ad essere la risposta alla parte più automatica e personale dei pensieri svolti. Ed i pensieri automatici nascono nella storia personale di ognuno. Per questo è importante conoscere sé stessi.

Chi conosce sé stesso e la propria storia sa individuare con maggiore facilità i propri pensieri automatici, distinguendoli dai pensieri più contestuali. Saper eseguire correttamente questa distinzione semplifica enormemente la sfida emotiva. Permette di concedersi di vivere senza filtri i pensieri più situazionali e di utilizzare le proprie risorse per gestire esclusivamente i pensieri automatici maggiormente disturbanti. Non serve gestirli tutti.

Dialogare con il proprio passato

I pensieri automatici sono quelle riflessioni spontanee e personali che tendiamo a riproporre sistematicamente all’interno della nostra vita. Tali pensieri nascono nel corso della propria storia e si strutturano secondo una serie di regole ed automatismi che la mente impara ad utilizzare per comprendere e gestire il proprio rapporto con sé, con gli altri e con il mondo. Gestire tali pensieri equivale a dialogare con il proprio passato.

Quando le emozioni sono dolorose e producono esperienze e comportamenti dolorosi, significa che la mente sta proponendo riflessioni automatiche che utilizzano consapevolezze maturate nella propria storia di vita portando a conclusioni personali. Le riflessioni che portano a sofferenza emotiva non sono giuste o sbagliate, sono solo personali. La realtà può essere grave e dolorosa, ma non descrive mai l’intensità dell’esperienza emotiva. Il passato, invece, si.

La competenza emotiva consiste nella capacità di saper dialogare efficacemente con il proprio passato, e la conoscenza si sé permette di avere accesso al passato con cui è utile dialogare. Avere questi strumenti non rende immuni dalla sofferenza emotiva o dal commettere errori nella gestione della propria emotività. Piuttosto, permette di essere abili nel leggere e gestire rapidamente le proprie emozioni, sapendosi parlare in modo efficace e convincente a seconda dell’argomento e della difficoltà esperita.

In psicoterapia si impara a conoscere sé stessi e a parlarsi in modo efficace

Quindi l’obiettivo della psicoterapia è sia di permettere una migliore conoscenza di sé stessi, sia l’acquisizione di competenze tecniche nel dialogo con sé stessi. Imparare a contestualizzare le proprie difficoltà aiuta a distinguere meglio tra esperienza personale ed esperienza situazionale, permettendo di lavorare in modo più semplice ed efficace nel prendersi cura si sé e del proprio benessere emotivo.

Avere solo competenze tecniche ha un’efficacia limitata. Si diventa più capaci di prendersi cura si sé stessi, ma la sfida rimane sempre piuttosto difficile ed impegnativa se non ci si dedica attivamente. Allo stesso modo, avere solo conoscenza si sé è un traguardo limitato se non si utilizzano anche strumenti efficaci per gestirsi nei confronti delle proprie consapevolezze.

In caso di difficoltà, chiedere aiuto è il primo passo per migliorare.

Dr. Valerio Celletti

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