Adolescence, una miniserie Netflix sulla tossicità delle comunità online
La miniserie Netflix “Adolescence” offre uno sguardo crudo sugli effetti drammatici della possibile tossicità delle comunità online e di come possono riversarsi prepotentemente nel quotidiano.

L’effetto disorientante di Adolescence
Adolescence è una miniserie di 4 episodi disponibile su Netflix che racconta il caso inventato di omicidio/femminicidio di una adolescente per mano di un compagno di scuola. È importante sottolineare che gli eventi raccontati non sono tratti da una storia vera, perché la scelta registica del piano sequenza e la qualità del prodotto riescono già da soli a creare un forte senso di immersione nello spettatore. Quindi, ricordarci che si tratta di un contenuto scritto da sceneggiatori è utile a mantenere un minimo di distanza critica.
Infatti la miniserie Adolescence ha avuto un effetto disorientante su molti spettatori. Per anni i contenuti televisivi della categoria “crime” hanno ribadito l’idea che gli assassini siano la conseguenza di eventi eccezionali o di ambienti familiari e sociali ufficialmente o ufficiosamente disfunzionali. Invece, in Adolescence, il protagonista vive in una famiglia sufficientemente normale. Frequenta una scuola che presenta alcune criticità, ma che è molto lontana dall’essere una scuola di frontiera. Nonostante questo, anche nel caso descritto in Adolescence determinati comportamenti e idee nascono da qualche parte.
Le comunità online tossiche
Nella narrazione offerta da Adolescence, tutti i giovani condividono la stessa cultura online fatta di simboli, significati e regole sociali più o meno bizzarre. È probabile che il telefilm ingigantisca la dimensione del fenomeno, ma descrive qualcosa di reale. Nella cultura online contemporanea esistono alcuni gruppi che hanno sviluppato quantitativamente e qualitativamente pensieri di bassa qualità, dandosi etichette e creando comunità. Non sono pensieri originali. Mille anni fa, una persona che avesse trascorso una serata in una locanda avrebbe probabilmente sentito qualche avventore espansivo esprimere pensieri contenutisticamente simili. Ma selezionare certi contenuti, scriverli online, strutturarli con un linguaggio pseudoscientifico, promuoverli e sostenerli in modo più o meno onesto con profili inventati, crea una massa critica che ottiene visibilità e, nel tempo, arriva ad acquisire un’autorevolezza problematica.
L’obiettivo è quasi sempre economico
Perché qualcuno dovrebbe prendersi la briga di mettere in piedi tutto questo? Spesso internet viene utilizzato per creare nicchie di mercato a cui vendere prodotti più o meno legali come sembra facessero persone come Andrew Tate. O, nel migliore dei casi, influencer che puntano a vendere prodotti semplicemente inutili come le chewing gum per il mewing. In altri casi, il desiderio è solo quello di avere visibilità e un pubblico. Vedi il caso della The Flat Earth Society.
Gli studenti della scuola di Adolescence citano spesso i gruppi Incel. Ma la cultura Incel non viene mai realmente spiegata. Questo è dovuto sia a una scelta registica, sia al fatto che soffermarsi sulle riflessioni espresse da questi gruppi crea il medesimo effetto dell’ascoltare le conversazioni al bancone di un bar notturno. Nonostante le affermazioni possano essere espresse con grande convinzione, se lo spettatore è sobrio e possiede un minimo di spirito critico finisce rapidamente per annoiarsi per l’inconcludenza e la parzialità delle affermazioni condivise.
La manosfera
Nel telefilm si parla di manosfera, cioè di alcuni gruppi online che trattano in modo “discutibile” il tema delle differenze di genere tra maschile e femminile. Vediamo insieme in modo sintetico chi sono i MRA, i MGTOW, i PUA e gli INCEL.
Senza entrare nel dettaglio, i MRA sono i man’s rights activists, cioè attivisti politici che considerano le politiche a tutela del femminile delle ingiustizie sociali da correggere. I MGTOW sono i men going their own way, cioè persone che vivono le relazioni sentimentali come delle potenziali trappole sociali, e per questo preferiscono evitare di coinvolgersi in una relazione a lungo termine. Quando si parla di PUA, invece, si fa riferimento ai pick-up artists, cioè persone che basano il proprio valore personale sul numero di donne che riescono a collezionare e che insegnano tecniche di seduzione. Infine, gli INCEL sono persone etichettate come involuntary celibates, cioè persone che spiegano le proprie difficoltà relazionali come conseguenza di un’eccessiva ostilità del mondo femminile.
Jamie Miller e Katie Leonard in Adolescence
Il protagonista di Adolescence è un ragazzo di 13 anni che ha subito bullismo da parte dei coetanei e, come precedentemente detto, la ripetizione continua della violenza favorisce la distorsione della percezione della realtà che, nel tempo, rende la vittima culturalmente influenzata dai suoi bulli. Lo chiamano incel, scrivendogli di accettare la pillola rossa, l’amara verità, cioè che non potrà mai avere una relazione con una donna desiderabile perché non risponde alle caratteristiche del “Chad”, l’uomo che vogliono le donne. E questo discorso non riguarda tutte le donne, ma solo le “Stacy”, cioè le donne femminili e desiderabili. Chad e Stacy sono nomi che la cultura incel utilizza per descrivere le persone, maschili e femminili, sessualmente desiderabili. Chad e Stacy hanno caratteristiche estetiche e caratteriali ben definite, e secondo la cultura incel per essere sessualmente competitivi serve incarnare queste caratteristiche.
Affrontare la seduzione come un conflitto
Anche la vittima, Katie Leonard, ha subito un processo simile. Il telefilm racconta poco di lei, ma sappiamo che ha avuto un flirt con un ragazzo e che successivamente ha subito revengeporn con la diffusione delle immagini che aveva condiviso con lui. Katie quindi ha subito cyberbullismo e, probabilmente per risollevarsi dalla condizione di vittima e fomentata dal desiderio di rivalsa sul maschile, ha schernito i tentativi di corteggiamento di Jamie Miller. È probabile che il modo di corteggiare di Jamie sia stato aggressivo e fuoriluogo, favorendo la reazione ostile di Katie, ma la narrazione incel era qualcosa che Katie conosceva.
Katie non voleva essere una Becky, una ragazza che non viene guardata da nessuno, ma una Stacy. Una donna dominante e desiderata. Per lei, probabilmente, essere corteggiata da un ragazzo “inferiore” era un’ulteriore umiliazione. E, infatti, Jamie si era avvicinato a Katie proprio perché pensava fosse in difficoltà. Ora che era stata bullizzata, pensava che avrebbe ceduto al suo corteggiamento nonostante pensasse di essere un uomo non desiderabile. “Si accontenterà di me”. Ma, quando anche una donna in difficoltà lo rifiuta, la pillola rossa della verità incel potrebbe essere diventata una pillola nera.
Quelli della pillola blu, rossa e nera è una simbologia della cultura incel.
Pillole Blu, Rosse e Nere
Nel linguaggio incel, la pillola blu è quella della prospettiva ufficiale e falsa del mondo. Gli incel ritengono che chi afferma che i rapporti interpersonali siano basati su questioni complesse di natura emotiva, relazionale e sociale, stia mentendo. È una teoria complottista, secondo cui alcuni poteri cercherebbero di favorire pensieri discutibili per destabilizzare la società. La teoria della pillola blu punta a isolare chi ci crede dalla società, peggiorandone la difficoltà sociale e rendendole ulteriormente manipolabili. Il complottismo è un tratto ricorrente delle teorie online.
La pillola rossa, invece, è quella che nel film Matrix permetteva di vedere il mondo reale scollegandosi dalla finzione costruita dai computer. Secondo la comunità incel, il mondo è solo competizione e ostilità. Le persone fingono di convivere per convenienza, cercando di predarsi in modo ostile in ogni modo possibile. Homo homini lupus, cioè “ogni uomo è un lupo per un altro uomo”. Per gli incel l’amore non esisterebbe davvero (pillola blu), ma esisterebbe solo il desiderio sessuale, il desiderio di ricevere vantaggi economici, e il desiderio di acquisire uno status sociale superiore. La chiamano la teoria del Look/Money/Status. Quindi, secondo questa premessa, per avere soddisfazione sessuale servirebbe offrire un aspetto sessualmente desiderabile, accumulare denaro da offrire e ottenere status sociali invidiabili.
La pillola nera Incel
Infine, la pillola nera sarebbe la visione che riduce ulteriormente la complessità dell’esistenza a una sola questione estetica. O possiedi determinate caratteristiche da Chad, o non otterrai mai soddisfazione sessuale. In questo senso, una persona “blackpillata” finisce per considerarsi vittima di un mondo che non lo accetterà mai e, di conseguenza, potrebbe scegliere di agire in modo drastico nella disperata convinzione di non avere alternative.
Per quanto questi termini specifici siano numerosi e dai significati molto particolari, è importante infarcire la riflessione con queste parole. Ogni cultura si fonda sulla condivisione di significati, e l’aver creato termini per definire certi ragionamenti finisce per rafforzarne il grado di credibilità.
Argomentazioni vuote e autoreferenziali
Se approfonditi con spirito critico, i ragionamenti dei gruppi incel non hanno fondamento. Non sono ragionamenti impossibili o completamente infondati, ma scelgono consapevolmente dei casi particolari per costruire teorie assolutiste che semplificano la visione del mondo. E, tanto più si riesce a diffondere un pensiero semplice e assoluto, tanto più è probabile che alcune persone ci possano cascare. È frequente che le persone che credono maggiormente alle manipolazioni esterne siano quelle che hanno maggiore difficoltà di stare a contatto con sé stesse e con le proprie idee. In assenza di un contatto con la propria complessità, ci si fida di una risposta semplice e (almeno apparentemente) popolare.
In Adolescence i giovani sono tutti rappresentati come completamente autoreferenziali. Non si fidano in alcun modo degli adulti e di quello che viene detto loro (pillola blu). Una scena emblematica è quella di Ryan, l’amico di Jamie, quando nella seconda puntata parla con l’ispettore Luke Bascombe della sua mancanza di popolarità ai tempi della scuola.
Il confronto tra Ryan e Luke in Adolescence
L’ispettore dice di non essere stato popolare, ma Ryan non gli crede. Per quale motivo? Probabilmente il dubbio è dovuto al fatto che Luke ha un aspetto da Chad. È muscoloso e con un viso desiderabile. Quindi per Ryan è difficile immaginare che una persona che, secondo la cultura incel, incarna le caratteristiche del vincente, possa aver avuto difficoltà relazionali. Non gli crede. E qui emerge il problema dell’autoreferenzialità. I giovani di Adolescence si fidano più di quello che sentono online che di quello che vivono in prima persona. Le loro convinzioni non vengono messe in discussione dalla realtà, quasi fosse una fede religiosa.
Nel dialogo con l’ispettore viene poi aggiunto un passaggio sui denti. Ryan dice: “non so perché sono importanti, ma lo sono”. Questo probabilmente è un altro riferimento alla convinzione diffusa nella cultura incel che ritiene che i denti e la mascella siano un tratto fondamentale per avere successo con le donne. Infatti, alcuni avranno notato con stupore che Ryan conosce la differenza tra capsule e otturazioni. Potrebbe essere un’informazione casuale, ma potrebbe essere un ulteriore tentativo degli autori di far capire quanto sia anomalo che un ragazzo di 13 anni sia interessato all’ortodonzia nonostante abbia tutti i denti sani.
Adolescence è una miniserie stratifcata
La miniserie Adolescence è infarcita di momenti su cui varrebbe la pena porre attenzione. La terza puntata di confronto con la psicologa è molto interessante, come altrettanto lo è la quarta puntata che offre innumerevoli passaggi sul funzionamento dei rapporti familiari di Jamie. Ma vorrei concludere la mia riflessione ponendo attenzione a un aspetto trasversale a tutta la questione. Certe riflessioni, parziali, limitate e non scientifiche, possono diventare un problema quando vengono proposte al pubblico come se fossero esaustive, assolute e scientificamente fondate. Chi ha difficoltà a mettere in discussione certe affermazioni, può cadere vittima di pensieri fuorvianti.
La scientificità del principio di Pareto
Consideriamo, per esempio, la regola di Pareto. Il principio di Pareto, anche detta legge dell’80/20, è una regola statistica che aiuta a ricordarsi che spesso la maggior parte dei risultati sono conseguenza di un numero limitato di cause. L’80% dei risultati spesso è conseguenza di una percentuale minore di cause, un 20%. Ma per quanto questo principio sia scritto in termini matematici, 80/20, e per quanto sia spesso chiamato “legge”, in realtà non è né una legge né una reale formula matematica. Gli incel utilizzano il principio di Pareto per affermare che il 20% degli uomini ha l’esclusiva sull’80% delle donne. Come se il restante 80% di uomini fosse condannato da un principio matematico a non poter sortire effetto sul mondo femminile. Ma questa affermazione fa acqua da tutte le parti.
Il principio di Pareto nasce nel 1897 da Vilfredo Pareto, un economista Italiano che si dedicò al tentativo di comprendere il modo in cui funzionava la distribuzione dei redditi in Italia. Per Pareto, l’80% dei redditi degli italiani era prodotto dal 20% degli italiani, come l’80% dei frutti del suo giardino era prodotto dal 20% delle piante. Ma affermare che un principio è una legge, significa elevarlo a un principio universale, come la legge di gravità. Mentre il principio di Pareto è una regola che può essere utile tenere a mente, ma che concretamente non ha fondamento in quasi nessun caso reale.
Meglio la “legge” dell’80/20 o la teoria del caos?
Enunciata in altri termini e volendo trovarne il lato utile, il principio di Pareto potrebbe essere riassunto affermando che “quando si vuole ricercare le cause di fenomeni complessi, è utile cercare alcune cause principali e concentrarsi principalmente su di esse”. Questo principio può essere molto utile per ridurre il numero di fattori su cui ragionare quando si prova ad affrontare questioni complesse, ma non ha nessuna applicazione nella realtà matematica. Infatti la teoria del caos afferma esattamente l’opposto ed è utilizzata in innumerevoli discipline.
Detto in modo sintetico, la teoria del caos afferma che è un errore sottovalutare i fattori microscopici, perché nel medio-lungo periodo possono provocare effetti macroscopici dirompenti. Alcuni ne avranno sentito parlare come “effetto farfalla”. Per quanto possano sembrare simili, principio di Pareto e teoria del caos sono profondamente diversi. La teoria del caos non suggerisce di porre attenzione solo al 20% delle cause di un fenomeno, ma di cercare per quanto possibile di considerare matematicamente il 100% dei fattori perché non è possibile sapere con certezza quali numeri approssimati finiranno per modificare drasticamente il risultato. È il motivo per cui per fare i calcoli complessi si usano i super computer mentre per applicare il principio di Pareto è sufficiente un buon abaco.
La disinformazione sistematica è un atto terroristico
Affermare con convinzione qualcosa di evidentemente parziale e fazioso, condirlo con termini scientifici, simulare un consenso popolare e divulgare questi contenuti a un pubblico che non ha le competenze per comprendere se quello che sta venendo condiviso sia efficace o meno, è un comportamento pericoloso. Alcuni hanno paragonato i movimenti incel a movimenti terroristi. Altrettanto, quasi ogni movimento politico tende a comunicare in modo preoccupantemente simile. La politica spesso propone soluzioni semplici a problemi complessi. E quando scelgono la complessità, è frequente che le comunicazioni finiscano per essere poco comprensibili, risultando farraginose e poco utili.
Purtroppo non sono a conoscenza di una soluzione rispetto a questo macroproblema sociale. Alcuni a volte suggeriscono il ritorno della censura, ma la libertà di pensiero e di parola è un ingrediente fondamentale per la democrazia, ed è utile che tutti possano liberamente dire quello che pensano, anche se affermano pensieri faziosi e manipolatori.
Una possibile soluzione al problema sollevato da Adolescence
Altrettanto, è possibile che in Adolescence gli autori suggeriscano un possibile approccio al problema. Il telefilm non offre spiegazioni chiare e lineari alla complessità del fenomeno descritto. Non c’è un 80/20 a delineare chiaramente il percorso che ha portato alla tragedia descritta. Esiste una complessità di fattori, che la miniserie decide di mostrarci con lunghi piani sequenza. E credo che la scelta del piano sequenza non sia solo una scelta registica. Nella finzione del telefilm, gli autori credo abbiano voluto invitare a guardare con i propri occhi quello che realmente, parzialmente, accade nelle scene proposte.
E riguardare più volte le stesse scene offre nuovi spunti di riflessione a seconda del quadro di riferimento. A volte Jamie sembra una vittima innocente, altre un bugiardo patentato, mentre in altre finisce per sembrare una persona traumatizzata, dissociata e incapace di comprendere chiaramente la realtà. Tutte le persone presenti insistono formalmente molte volte nel chiedergli se capisce quello di cui si sta parlando. E Jamie risponde quasi sempre correttamente; conosce il significato di quello che gli viene chiesto. Eppure, allo stesso tempo, lui non capisce davvero quale sia la differenza tra una grave offesa e un assassinio. Esiste uno scollamento evidente tra informazione formale e conoscenza reale e personale.
L’esperienza reale è fondamentale
Il fatto che le persone abbiano consapevolezza di alcuni concetti, non significa che li capiscano davvero e che li sappiano applicare correttamente. Questo fenomeno accade spesso quando si ragiona su questioni astratte. La teoria, spesso, può risultare poco pratica e complessa da applicare quando è appresa in modo parziale e incompleto. Per questo, fare esperienze reali e concrete ha un valore pedagogico che è impagabile.
L’online è una risorsa enorme, ma, a volte, rischia di indurre nella falsa credenza di essere competenti di argomenti di cui non lo si è davvero. Solo la realtà e la sperimentazione in prima persona offrono la possibilità di costruire uno sguardo realistico sul mondo. Una cultura che vuole tutelarsi dal rischio di essere influenzata dalle fake news e dalla disinformazione, sarebbe utile che puntasse a promuovere attività reali, concrete e sociali. Leggere le istruzioni su come costruire un mobile è diverso dal costruirlo realmente. Altrettanto, credere a una teoria che afferma di non avere speranze nella vita è diverso dal vivere realmente le proprie sfide quotidiane sperimentando e personalizzando la propria visione del mondo.
Come accade spesso nelle serie “crime”, lo spettatore di Adolescence cerca di capire cosa ha causato la tragedia. Ma, in questo caso, perdere a 13 anni la speranza di poter vivere una vita felice non è solo la causa di una tragedia; è essa stessa la tragedia.
La vita è complessa, imprevedibile, e tutta da scrivere.
Scaletta del video sulla miniserie Adolescence di Netflix