Arcane: Come si crea un mostro?


La prima stagione di Arcane, pubblicata su Netflix e realizzata da Riot Games, è un evento più unico che raro nella storia dei prodotti inspirati al mondo del videogiocare. È consuetudine che tutto quello che provi a reinterpretare il videogioco tramite altri canali comunicativi finisca per snaturarlo o semplificarlo al punto dal renderlo un prodotto dimenticabile. In questo caso, invece, è successo qualcosa di diverso o, forse, persino l’opposto. Nella realizzazione di Arcane, liberamente inspirato alle sottotrame presenti in League of legends, gli autori hanno complicato un prodotto relativamente semplice. In questo articolo provo a soffermarmi su un aspetto psicologico che credo abbiano reso in modo molto efficace nel descrivere quella che, in Arcane, viene descritta come la nascita di un mostro.


Negare la realtà

Questa recensione è dedicata a chi ha già visto la serie di Arcane o chi non teme gli spoiler. Nel mio ragionamento tenterò di non fare particolare riferimento ai fatti che accadono nel proseguire degli episodi, ma inevitabilmente farò riferimento a questioni che possono essere considerate spoiler. Per chi ha un’alta sensibilità agli spoiler, conviene che torni a leggere solo dopo aver completato le 9 puntate della prima stagione.

Per quanto in altre produzioni avrei pensato che si trattasse solo di un modo scenografico di accompagnare lo spettatore, in Arcane i personaggi raramente fanno qualcosa senza un motivo. Sin dalle prime scene, Powder mette in atto un meccanismo di difesa che la accompagnerà per tutta la sua storia. Negare la realtà. Proprio ad inizio serie, ancora prima che la storia davvero inizi, è possibile osservare che è già accaduta una storia che non viene raccontata. Powder e Violet camminano in mezzo alle vittime di un conflitto, tra cui c’è una persona che sembra probabilmente essere la madre di Powder. La reazione al lutto, in questo caso, è provare a distrarsi cantando e stringendosi alla sorella maggiore, Violet, anch’essa comprensibilmente in evidente difficoltà.

Infatti nell’introduzione di Arcane viene mostrato come Violet non sia sintonizzata sulla sorella, ma sia già al limite nel gestire sé stessa. È comprensibile, si tratta di una ragazza troppo piccola e troppo in difficoltà per prendersi cura di un’altra persona. Ma la trama già da questa introduzione che viene mostrata, ma non spiegata, prende una svolta. Violet cerca una soluzione nel mondo, Powder cerca una soluzione in una sorella troppo piccola per essere genitore.

Crescendo le cose si complicano

Le premesse dell’introduzione, trovano spazio per svilupparsi e confermarsi negli anni successivi. Infatti non possono passare tutti gli anni che si vuole, ma esistono alcuni meccanismi che raramente riescono a modificarsi in modo spontaneo. Anni dopo, Violet continua ad affacciarsi all’adolescenza nel tentativo di trovare un proprio posto nel mondo, mentre Powder rimane comprensibilmente indietro nel continuare, invece, a cercare le attenzioni del gruppo dei pari.

Questa diversità di prospettive è dovuta all’età, ma non solo. In parte, la sola esistenza di Violet comporta la polarizzazione delle attenzioni di Powder, mentre Violet non compie lo stesso procedimento perché non ha una persona su cui concentrarsi. Prova ad attaccarsi a Vander, un personaggio che diventa quasi un padre adottivo per tutto il gruppo di orfani del quartiere, ma è un adulto, la differenza è netta. Invece costruire un legame di attaccamento con qualcuno che sembra più simile contiene una trappola. Promuove l’idea di poter essere uguali, quando, invece, non è possibile esserlo. Ognuno è diverso. Powder cade completamente in questo errore, finendo per scegliere come figura genitoriale un’adolescente in difficoltà.

Scegliere il genitore sbagliato

Essere genitore non è un diritto di nascita, ma una posizione che è possibile acquisire malgrado i propri errori. Sono i figli a scegliere a chi legarsi, e può capitare che scelgano in modo errato senza che questo significhi aver sbagliato qualcosa. Violet non ha compiuto errori o meriti per essere scelta come genitore o per aver sbagliato nell’esserlo. È semplicemente capitato. Succede spesso che fratelli o sorelle con almeno 8 anni di differenza finiscano per essere percepiti più come genitori che come fratelli o sorelle. In questo caso la differenza di età è minore, come minori sono le risorse di Violet, ma l’assenza di alternative crea comunque questo meccanismo.

Il risultato è quello che probabilmente possiamo ipotizzare sia un attaccamento disorganizzato. L’attaccamento disorganizzato è quella specifica (e fortunatamente abbastanza rara) forma di attaccamento in cui il bambino cerca sicurezza e rassicurazioni in una figura di riferimento che, invece che aiutare a contenerle, aumenta l’intensità delle sue emozioni. Violet è una figura carismatica ed intelligente, ma è un’adolescente alle prese con i propri problemi. Alcune volte riesce ad essere rassicurante, ma nella maggior parte dei casi Powder finisce per essere soprattutto spaventata. Il suo ragionamento è relativamente comune per una persona della sua età. Non sono all’altezza, sono sbagliata, porto sfortuna, ho qualcosa che non va, gli altri non mi accetteranno mai perché porto sfortuna. Sono pensieri che possono essere dolorosi per chiunque, ma in questo caso diventano drammaticamente distruttivi soprattutto nel momento in cui vengono confermati dalla figura di attaccamento.

Due prospettive, due risultati diversi. In Arcane posso sopravvivere al non essere accettata dal mondo, ma non riesco a sopravvivere al non essere accettata dalla mia figura di riferimento. Come accade spesso, la fonte è più importante del contenuto.

Cosa significa attaccamento disorganizzato?

L’attaccamento disorganizzato si chiama così perché produce un effetto non coerente con la lettura superficiale della situazione. Chi ha imparato che i punti di riferimento non sono rassicuranti, ma sono pericolosi e dolorosi, sarà più propenso degli altri a leggere i rallentamenti come pericolosi e le accelerazioni come piacevoli. Semplificando, una persona con attaccamento disorganizzato è più probabile che reagisca con paura alle situazioni felici e con felicità alle occasioni spaventose.

In Powder notiamo che questo tratto emerge già all’inizio della quarta puntata. Ormai cresciuta, ha iniziato a chiamarsi Jinx ed esprime un set emotivo coerente con la sua storia. In Arcane gli autori usano ampiamente le espressioni del volto per descrivere le emozioni dei protagonisti. Le esprimono tutti allo stesso modo, forse proprio per la direzione artistica del progetto, ma il risultato è che le esprimono in modo chiaro e comprensibile. Jinx, per esempio, si vede come spara mostrando un’espressione spaventata. E non è un caso se quando spara contro i nemici finisce per attaccare tutti, anche gli alleati. Le azioni ripercorrono la disorganizzazione del sistema di attaccamento. Non vuole stare sola, ma sta meglio da sola. Cerca la vicinanza degli altri, ma vive la vicinanza solo con conflitto e violenza tale per cui possono essere solo incontri brevi. È disorganizzata.

Bloccarsi nel mezzo dell’azione

Il freezing è una reazione emotiva tipica di chi sta attivando un’emozione intollerabile. Nel mezzo della scena, Jinx si blocca appena vede una persona che le ricorda Violet. Da lì, l’interpretazione personale della situazione. Vedere la figura di attaccamento si ricollega al pensiero doloroso svalutante ed il pensiero doloroso provoca un’attivazione emotiva intensa che si traduce in una reazione del sistema nervoso autonomo simpatico che blocca completamente il corpo.

Ogni volta che Jinx pensa di non valere, la sua mente innesca una reazione emotiva connotata dal disgusto. Jinx prova disgusto per sé stessa e gli autori provano a descrivere l’attivazione dell’emozione del disgusto con un espediente visivo. Quando Jinx prova disgusto, l’inquadratura salta, la consapevolezza della protagonista salta. Il disgusto funziona così, è un’emozione che protegge dal confronto con la realtà. Però quando è troppo intenso, per una persona abituata fin da piccola a raccontarsi storie per negare la realtà, l’emozione intensa le finisce per renderle impossibile avere un’esperienza continua e coerente di sé. Dice delle cose, ma non se ne rende pienamente conto.

Anche nelle situazioni in cui Jinx parla con sé stessa, usando come interlocutori le persone che ha perduto, il video viene fatto saltare non tanto perché “la protagonista sta parlando con i morti come se fosse fuori di testa”, ma piuttosto perché continua a dirsi frasi rigide, esasperate, di finta consapevolezza o di eccessiva critica, di cui non riesce ad essere consapevole. Non si tratta di mentire o mentirsi. Jinx è davvero convinta di quello che si dice. Ma quello che dice ha una consapevolezza parziale. Jinx chiude il proprio ragionamento in specifici punti di vista che non riesce a integrare in modo coerente. La salute emotiva dipende molto da questo, dal saper mantenere anche una visione ampia e globale degli eventi. Per questo per Jinx avere una figura genitoriale adolescenziale è stato peggio che non averne. In assenza di Violet, si sarebbe guardata maggiormente intorno ed avrebbe costruito un senso maggiore di coerenza. Diversamente Jinx si chiude spesso in punti di vista incoerenti. Nel tempo, queste prospettive vengono riassunte con due possibili identità. Powder, la bambina cresciuta prima dell’incidente. Jinx, la ragazza cresciuta dopo l’incidente. Nessuna delle due è la soluzione, ma anzi il fatto che ne esistano due è il problema che risulta insolvibile sino alla risoluzione della disgregazione.

Il tentativo del battesimo

Arrivati al battesimo, in quanto ormai adolescente annoiata, triste ed arrabbiata, Jinx si comporta in modo oppositivo e provocatorio reagendo con ostilità quando le viene proposta una lezione formale su come si dovrebbe vivere. Quando si sente annoiata, si rattrista, sbuffa, si lascia cadere, e poi risponde con rabbia a chi, nel suo ragionamento, pensa le stia provocando tale emozione. Non riesce in alcun modo a riconoscersi nelle proprie emozioni e non ha strumenti interni per gestirli, ma riesce solo limitatamente ad agire la propria emotività.

L’attenzione di Jinx cambia completamente quando l’argomento le diventa interessante. Non più una lezione sul come si vive, ma una possibile dritta sul come controllare la paura, come superare il dolore. Da lì, la sigla della serie offre la spiegazione di quanto visto fino a quel momento. Pensa che le persone a cui voleva bene l’abbiano tradita alle sue spalle e, semplificando e non vedendo il quadro complessivo delle cose, arriva alla conclusione che dato che facendo del suo meglio non ha ottenuto quello che voleva, tanto vale smettere di impegnarsi e fare del suo peggio. Un ragionamento per contrapposizioni, conseguenza del modo rigido ed incapace di sfumature con cui è cresciuta e per i quali sta soffrendo.

Contemporaneamente la protagonista trova una sua giustificazione del male e una consapevolezza dicotomica di cosa sia giusto e sbagliato.

Anche nella scena di Arcane del Bar, in modo giocoso Jinx gioca sempre con lo stesso argomento. Chiama le persone con nomi diversi dai loro perché come lei non è sé stessa, anche gli altri non possono esserlo. Tutti hanno un soprannome perché nessuno può essere semplicemente sé stesso. Viene esposta come una dinamica giocosa, ma è l’ennesima dimostrazione di quanto lei sia completamente in confusione.

Il segreto è la costanza

Se servisse, la confusione di Jinx risulta ulteriormente evidente durante l’incontro sulla torre. Quando si sorprende per l’incontro con la sorella, Jinx si rilassa (reazione tipica della sorpresa), lasciando andare la pietra e le lacrime. Ma appena vede un agente di polizia, cambia registro e torna sui ragionamenti soliti. “Non è davvero la sorella che ricordo, ormai è un’altra persona come io sono un’altra persona”.

Violet prova ad essere affettuosa. Scelta generalmente corretta. Ma come abbiamo detto Jinx ha un attaccamento disorganizzato. L’affetto ormai innesca emozioni contrastanti. La figura di attaccamento per lei non è rassicurante, ma spaventosa. E quando è spaventata abbiamo già visto che Jinx ha imparato ad attaccare, sparando su tutti indiscriminatamente. Solo Silco riesce ad essere contemporaneamente spaventoso e rassicurante. Non perché sia migliore, ma perché è costante.

Violet nel suo essere fraintesa e nel suo avere una gamma di emozioni complesse finisce per essere più disorientante che altro. Invece Silco nel suo essere scientificamente malvagio, ha una sua costanza che lo rende, per Jinx, prevedibile. Infatti i fatti precipitano nel momento in cui Jinx inizia a pensare di non riuscire più a prevedere cosa farà Silco, ma fino ad allora il suo essere malvagio era secondario al suo essere invece molto prevedibile.

Per questo un adolescente tende a non essere una buona figura genitoriale. Non tanto perché non abbia le competenze o i valori che servono, ma perché spesso accade che chi è più giovane sia anche emotivamente meno costante. Le emozioni possono essere stabili e costanti per due motivi principali. Una vita routinaria che non offre stimoli oltre le proprie capacità di gestione emotiva, o una buona capacità di gestire le proprie emozioni che permette di gestirne le variazioni eccessive. Il segreto è la costanza, perché i figli hanno bisogno di un certo grado di stabilità nelle figure che scelgono come base sicura.

Come si crea un mostro?

Nella terza parte di Arcane vengono infine tratte le conclusioni su come si crea un mostro. Jinx, come uno specchio rotto, ormai è frammentata. E nella confusione della sua frammentazione è alla ricerca di esperienze unificanti e prive di ambiguità. Questo obiettivo è complicato per chi vive in una realtà complessa e colma di non detti. Salvo casi particolari, spesso è un obiettivo impossibile.

Una soluzione frequente tende ad essere il ridurre le funzioni. Molte persone in seria difficoltà finiscono per concentrarsi nel fare quello che già sanno fare. Si chiudono nella routine e cercano la loro personale e rassicurante costanza. In questo caso, per Jinx troviamo la ricerca di esperienze sensoriali semplici e non fraintendibili. La musica, le sue invenzioni monotematiche, e un’aggiunta problematica, l’attrattiva del dolore. I comportamenti autolesionistici purtroppo sono molto frequenti tra gli adolescenti, proprio perché sono la fascia della popolazione con la maggiore difficoltà ad integrare le varie parti di sé. In questa sfida il dolore a volte offre un sollievo apparente.

Per chi non ha strumenti migliori, può sembrare una soluzione accettabile. Ma non lo è.

Entro questa chiave di lettura, per Jinx il dolore diventa strumento per unificare sé stessa e per unificare gli altri. Torturare il padre adottivo non è per farsi dire la verità, è per cercare di obbligarlo ad essere coerente. Per farlo tronare ad essere un’unica e rassicurante versione di sé stesso.

Chi ha creato il mostro della prima stagione di Arcane?

Da qui, senza entrare nel merito del finale, la domanda: Chi ha creato il mostro? Violet o Silco? Violet involontariamente ne ha posto le basi. Le voleva bene, ma era solo un’adolescente alla ricerca di un posto nel mondo. Silco invece ha provato deliberatamente a creare un mostro, ma in realtà è stato anche la migliore figura genitoriale che lei abbia avuto.

Probabilmente solo gli autori sanno, nella loro visione, chi ha creato chi. Personalmente mi permetto di suggerire che probabilmente è solo Jinx ad aver creato sé stessa. Le decisioni prese, il non essere riuscita a sfruttare diversamente i propri talenti, il non avere gli strumenti per gestirsi meglio di così. Nessuno in questa trama ha un merito o una colpa, ma solo cause e conseguenze. Scegliere di cercare sollievo nel dolore è una scelta che rende Jinx figlia di sé stessa e, purtroppo, causa del proprio male.

È una conclusione che mi ricorda il titolo di un film del 1975, qualcuno volò sul nido del cuculo. Il cuculo è un uccello che non ha un suo nido. Vive e cresce nei nidi altrui. Nella metafora del film, il cuculo era il disagio mentale ed il manicomio era il suo terribile nido. Allo stesso modo, forse non esiste una ricetta per creare un mostro, ma i mostri possono nascere in ogni casa ed è possibile che l’unico posto giusto per la protagonista sia un posto che lei contribuisce a creare. Obiettivo che sarà possibile solo quando smetterà di inseguire gli altri ed inizierà a dedicarsi un po’ più a prendersi cura di sé stessa. A questo punto della trama sa creare solo dolore, ma evidentemente non può venire nulla di buono da una strategia simile.

Speriamo bene per la seconda stagione di Arcane.

Dr. Valerio Celletti

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