Riassunto
Il film di Barbie è una sorprendente riflessione sull’identità e sull’importanza del cambiamento.
Il film di Barbie, una sorprendente riflessione sull’identità
Il film di Barbie è una sorprendente riflessione sull’identità e sull’importanza del cambiamento.
Spoiler alert
Recentemente ho avuto occasione di vedere il film, approcciandomi con curiosità data dagli alti incassi registrati dal film, per scoprire come si trattasse di un prodotto formalmente leggero, ma denso di idee e citazioni più o meno complesse.
Senza dilungarmi sulla trama, desidero condividere una riflessione sul messaggio che credo che il film possa provare a suggerire allo spettatore. Avviso al lettore, spoiler alert! Per parlare del film finirò inevitabilmente per trattare qualche elemento della sua trama anche se credo che questo non rovinerà a nessuno la sua fruizione. Infatti, credo che la trama del film di Barbie sia tendenzialmente un pretesto per poter parlare di altro. Lo dimostra il modo in cui i vari personaggi vengono introdotti e dimenticati per dare spazio ad altri contenuti. Gli unici personaggi con un inizio e una fine sono Barbie e Ken, i due protagonisti.
Una sceneggiatura progettata per uno scopo
La regista, Greta Gerwig, ha affrontato la sfida del film di Barbie con un approccio che, da spettatore, mi ha ricordato il design thinking. Il design thinking è un approccio che prevede l’analisi dell’identità di un prodotto per confezionare un intervento che sia il più possibile coerente con l’evoluzione che si desidera ottenere. In psicologia un concetto simile è osservabile nella taylored psychology. La taylored psychology è una modalità di approcciare alla psicoterapia con una logica modulare che favorisca la massima personalizzazione del percorso del cliente.
In entrambi i casi, non si tratta di approcci innovativi in senso assoluto, ma piuttosto di tentativi di perfezionamento e manualizzazione di buone prassi metodologiche.
L’obiettivo del film di Barbie non credo sia raccontare una buona storia su Barbie, ma definirne l’identità passata, mostrarla e evolverla verso il presente ed il futuro del brand.
Chi è Barbie
Greta Gerwig presenta Barbie sin dalle prime battute. Barbie è un gioco destinato a un pubblico giovane e femminile con cui possono giocare a “fare le donne adulte”. Il film racconta che quando la bambola esordì nel 1959 il mercato delle bambole offriva solo la possibilità di accudire un bambino e identificarsi nel ruolo materno. Diversamente, Barbie propose che il fulcro del gioco potesse non riguardare più l’interpretare il ruolo di madre, ma, piuttosto, sognare di essere una persona adulta e di fare cose da adulta.
Tali premesse hanno contribuito a permettere a Barbie di essere un prodotto che è resistito sul mercato per ben 64 anni e, dato il successo del film, non credo scomparirà a breve dai negozi. Come anticipato riguardo al design thinking, evolvere un prodotto per condurlo alla sua collocazione contemporanea e futura. Nel film, Barbie evolve per non morire. Tutto il film tratta il tema dell’identità e del cambiamento.
Cambiare per non morire
Negli anni la società si è evoluta e, con lei, è cambiato anche il mercato a cui si rivolgeva Barbie. Ma la bambola in questo film riveste un ruolo duplice. Il prodotto commerciale è sia prodotto da un mercato che lo determina, sia influencer capace di contribuire alla sua evoluzione.
Barbie nasce con l’idea di colmare un vuoto commerciale. Figlia di logiche di mercato chiare e definite. Nel tempo, diventa icona e simbolo capace di influenzare il mercato che l’ha generata. Negli anni i prodotti di successo possono svincolarsi dal rispondere alla domanda del mercato e possono iniziare a influenzarlo.
Nel film, Margot Robbie interpreta Barbie e America Ferrera la sua designer. Entrambe influenzano il mercato che finisce per voler acquistare qualunque cosa propongano. Si tratti di Barbie thanatos come di Ken patriarcato.
La circolarità di essere figli e genitori del mondo è al centro del film. Barbie e Ken sono generati da una cultura e protagonisti della sua evoluzione, in bene o in male, a seconda delle filosofie e delle loro conseguenze identitarie.
Barbie è un film sull’identità
Infatti, il tema dell’identità è al centro del film. Il prodotto della Mattel è stato venduto in innumerevoli versioni. Dalla Barbie stereotipata alla barbie sportiva, letterata, astronauta e presidente. Tutte le versioni sono caratterizzate da un abbigliamento, un compito e vari strumenti per realizzarlo. L’identità del prodotto “Barbie” è definita da come si veste, da cosa fa e da cosa e chi possiede.
Dentro tale prospettiva, lo stesso Ken è solo un’appendice di Barbie. Barbie possiede Ken e Ken vive solo in funzione della sua padrona. Questa situazione viene utilizzata nel film per proporre una riflessione sui ruoli di genere e su come, nelle relazioni tossiche, la persona con cui si ha una relazione venga privata della propria umanità senza che nessuno se ne accorga. L’altra persona diventa oggetto al solo scopo di contribuire alla definizione dell’identità di chi gestisce la relazione.
Nella maggior parte delle situazioni e culture tossiche, la donna è vittima di reificazione e resa oggetto. Nel mondo di Barbie, invece, gli uomini, i Ken, sono relegati a oggetti senza identità.
La crisi delle certezze
Così il film di Barbie rappresenta in modo colorato e senza pretese il problema grave delle disparità tra i generi. Affrontarlo, solleva un tema sommerso ed ancora più interessante dell’identità.
Se Barbie smettesse di essere solo una persona che basa la propria identità su vestiti, lavoro, oggetti e persone, allora chi sarebbe? E se Ken non fosse più solo un oggetto che vive per compiacere Barbie, allora chi diventerebbe? Il film di Barbie contiene idee e critiche a molte correnti politiche. Critica chi supporta idee retrograde, chi vorrebbe che il potere fosse diviso in modo sbilanciato e critica anche chi vorrebbe un cambiamento ma lo propone con modalità sgradevoli quanto chi vorrebbe contrastare. La regista si prende spazio per criticare tutti, lasciando spazio a una riflessione che possa mettere in primo piano le persone piuttosto che il loro genere.
Chiedere il permesso
Nel finale, Barbie chiede il permesso alla propria creatrice di poter essere una persona. In quella occasione, il film sceglie di risponderle che non sono gli autori a dover dare il permesso di poter essere o non essere qualcuno. Secondo la metafora, non sono i genitori a dover dare il permesso ai figli di essere sé stessi. Rappresentare in modo cinematografico le riflessioni sul senso della vita è sempre complesso, e forse è possibile che nel dialogo con l’autrice il film finisca per scivolare nel prendersi eccessivamente sul serio.
Diversamente, il dialogo tra Barbie e Ken è perfettamente in linea con il tono scanzonato del film. Durante il finale i due protagonisti si confrontano in un dialogo socratico in apparenza semplice, ma contenutisticamente profondo. Qual è il valore delle persone? Cosa lo definisce? Cosa distingue un’identità da un curriculum o da un conto in banca o dal successo sociale?
L’importanza di essere consapevoli di un approccio identitario sano
In psicologia imparare a ragionare in modo sano sulla propria identità è un passaggio importante per la costruzione di una personalità sana, per la capacità di motivarsi in modo equilibrato e poter gestire le emozioni in modo efficace e coerente.
Il film di Barbie non offre risposte, ma solleva domande importanti e riesce a confezionarle in modo leggero e divulgativo. Tale formato permette a milioni di persone di entrare in contatto con idee e riflessioni che non hanno richiesto, ma di cui potrebbero avere bisogno. In tal senso, Barbie e tutte le persone che l’hanno vissuta, continuano ad essere figli e genitori di una società che li ha creati, ma che continuano a influenzare con la propria maturazione.