Riassunto

Il benessere identitario è uno stato di benessere prodotto dalla percezione di sé stessi

Il benessere identitario


Il benessere identitario è uno stato di benessere prodotto dall’identità di una persona.

Per quanto questa affermazione possa sembrare semplice e quasi tautologica, quello del benessere identitario è un concetto più complesso di quanto sembri. Tale complessità diventa evidente soprattutto quando ci si accorge di quanto spesso questo concetto può essere frainteso.

Iniziamo chiarendo le basi.


Benessere identitario e autostima sana - Accettazione e coerenza - Valerio Celletti

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Cos’è l’identità?

L’identità è la percezione che ogni individuo ha di sé stesso. Tale idea è importante sia coerente, stabile e fondata sia su informazioni ordinate gerarchicamente per importanza, sia su elementi più o meno concreti.

Gli elementi più astratti e più importanti su cui fonda l’identità sono generalmente indicati come “valori” dai connotati etici o morali.

Le persone possono basare la propria identità su qualunque cosa. Alcune persone si identificano partendo dal corpo in cui vivono, mentre altre fanno grande riferimento alla famiglia da cui originano o che hanno contribuito a formare. Altre ancora preferiscono definirsi in base alle proprie risorse, allo stile di vita, ai gusti, al proprio successo sociale, al lavoro o a innumerevoli altri argomenti.

Non esistono elementi corretti per definire un’identità. Luoghi, culture e periodi storici diversi usano approcci differenti. Ogni epoca pone attenzione a elementi diversi con priorità differenti.

Un esempio formale di identità

In Italia la carta d’identità indica una serie di informazioni che permettono di distinguere un individuo dagli altri. Per farlo, tra le varie informazioni si registrano Nome, Cognome, Luogo e data di nascita, Sesso, Cittadinanza, Aspetto, ecc…

Quanto sono importanti queste informazioni nel definire l’identità di una persona? Nomi e cognomi possono cambiare. Il sesso è indicato su elementi estetici dei genitali senza entrare nel merito dell’identità sessuale dell’individuo. Il luogo di nascita è solo un luogo in cui non è detto che la persona sia cresciuta. Altrettanto la cittadinanza è un’etichetta che spesso non corrisponde al luogo o alla cultura in cui si è cresciuti. E l’aspetto, per quanto evidente, può essere facilmente stravolto ed ha solo l’importanza che le persone decidono di attribuirvi.

Quando si chiede a una persona di descriversi, spesso non elenca quanto riportato nella carta d’identità. Molte persone tendono a non descrivere quello che sono, ma quello di cui sono orgogliose. La gerarchia con cui ordinano le informazioni che le definiscono spesso partono da informazioni valoriali profonde. A livello comunicativo è comprensibile voler condividere qualcosa di meno evidente dell’aspetto, ma altrettanto unire identità e orgoglio è un mestiere pericoloso che può sottendere un grave fraintendimento tra identità e autostima. Il benessere identitario non corrisponde ad un’alta autostima.

Il benessere identitario nella storia

Ogni periodo storico definisce l’identità su principi ritenuti socialmente importanti, ma sempre arbitrari e ad alto rischio di sopravvalutazione.

Per molti secoli l’appartenenza religiosa è stata un criterio identitario fondamentale. Alleanze e guerre sono state motivate anche da semplici diversità religiose. Nella cultura moderna la libertà di culto, invece, è un valore generalmente condiviso. Essere cristiano, mussulmano, agnostico o ateo rimane un’informazione importante, ma per molte persone è un’informazione meno fondamentale di quanto non sarebbe stata considerata 1000 anni fa. Ad oggi è raro che le persone abbiano benessere identitario fondato esclusivamente sull’appartenenza religiosa, mentre 1000 anni fa forse era più probabile che una persona si descrivesse partendo dal dichiarare la propria fede religiosa.

Un altro elemento identitario storico è la famiglia. In molti luoghi del mondo la famiglia è ancora un elemento fondamentale che definisce l’identità. In Italia la famiglia è stata un elemento così fondante da avere corrispondenza legale in istituti come il delitto d’onore. Lo stato di famiglia era così identitario da comportare un possesso sulla vita e sulla morte dei suoi membri. Tali leggi sono rimaste in vigore fino al 1981. Ad oggi, 2023, sono trascorsi solo 42 anni da quello che oggi viene generalmente ritenuto un comportamento barbaro quasi incomprensibile.

Lo stesso termine “barbari” nasce da una considerazione identitaria che dava profonda importanza all’appartenenza a uno stato. Chiunque non facesse parte dell’Impero Romano era considerato un barbaro, uno degli “altri” contrapposti a un ipotetico “noi”.

Cambiano i periodi storici, ma è sempre attuale il modo in cui l’identità tende ad essere spesso definita in termini relazionali e sociali.

L’identità come definizione di un confine tra me e gli altri

L’identità è la percezione che ogni individuo ha di sé stesso. È esperienza comune utilizzare gli altri come metro di paragone per definire la propria identità. Tale esperienza è comprensibile, ma tendenzialmente poco efficace. Infatti, il benessere identitario che consegue il confronto con gli altri è un’esperienza sempre parziale.

Non esiste mai un reale confronto con l’altro, ma solo un confronto con le parti riconoscibili dell’altra persona. Tale parzialità è evidente quando una persona si percepisce tra simili solo perché è a un evento dove pensa di essere tra simili. Può essere un evento religioso, professionale, sportivo, familiare, politico o altro. Tale sensazione di benessere identitario è illusoria tanto quanto è altrettanto parziale il dolore e la sofferenza identitaria di chi pensa di essere dolorosamente o orgogliosamente diverso da tutti gli altri.

Tutti sono unici e tutti hanno qualcosa in comune.

A seconda di quali elementi si è abituati a percepire, è possibile pensare che certe persone siano più simili o più diverse di quanto sono realmente. La percezione di sé e degli altri è sempre un’opinione. È un modo sintetico con cui si valutano e soppesano caratteristiche, sopravvalutandone alcune e sottovalutandone altre.

La cultura di riferimento modifica completamente il peso attribuito alle informazioni e la conseguente capacità di riconoscere quell’informazione. Se in passato la postura aveva un collegamento con la classe sociale di appartenenza, ad oggi è raro che le persone si presentino affermando di avere un buon portamento. Questo non significa che le persone non lo notino, ma solo che culturalmente in Italia c’è poca abitudine a parlarne.

Benessere identitario e autostima

Il benessere identitario è un costrutto intimamente collegato all’autostima. Le persone con benessere identitario hanno un’idea funzionale e realistica di sé che offre accesso a una sana autostima. Ma identità e autostima non sono la stessa cosa.

L’autostima è una percezione di sé pratica e contestuale fondata su giudizi più o meno realistici. Più sono realistici, meglio è.

L’identità è una percezione di sé teorica e generale fondata su considerazioni più o meno coerenti. Più sono coerenti, meglio è.

Quando l’autostima è prodotta da idee poco realistiche, diventa frequente avere un’autostima bassa o alta. Sgradevole o piacevole. Diversamente quando l’autostima utilizza considerazioni realistiche diventa possibile avere accesso a un’autostima sana, pratica, contestuale, efficace e sufficientemente piacevole.

Nel caso in cui l’identità sia il risultato di idee incoerenti, è frequente la messa in atto di schemi frammentati ed incoerenti di sé che producono approcci complicati e apparentemente incomprensibili. Mentre nel caso in cui l’identità riesca ad utilizzare pensieri coerenti per definirsi, è possibile avere accesso ad un benessere identitario generale, sano e costante.

Descrivere la propria identità

Quando le persone descrivono sé stesse, usano spontaneamente un modo naturale di definire la propria identità. Generalmente descrivono per prime le caratteristiche di cui sono più consapevoli e orgogliose o dedicano più attenzione alle informazioni che ritengono più coerenti con il motivo per cui si stanno descrivendo. In ogni caso, una descrizione di sé porta inevitabilmente alla formazione di una gerarchia.

Non è possibile dire tutte le informazioni contemporaneamente, quindi alcune verranno espresse prima e altre successivamente. Alcune idee saranno facilmente accessibili e condivisibili, mentre altre richiederanno una certa dose di tempo per essere elaborate ed espresse.

Facciamo un gioco

Proviamo un esercizio che possa aiutare ad essere maggiormente consapevole di questo processo.

Descrivi la tua identità, la tua percezione di te, utilizzando frasi brevi, aggettivi e considerazioni che possano aiutare uno sconosciuto a farsi un’idea completa della tua persona, così che possa riconoscerti tra molte altre nel caso avesse occasione di osservarti ed interagire con te. Nel caso fossi in difficoltà a descriverti in prima persona, prova a pensare che ti stia descrivendo una persona amichevole che ti conosce alla perfezione.

Compila un elenco di 50 punti. Inizialmente possono sembrare tanti, ma non lo sono. Sei una persona, hai innumerevoli caratteristiche distintive. Prova a scriverne almeno 50 prima di proseguire.

Sono tutte informazioni private, quindi scrivile dove preferisci e poi conservale o distruggile a tuo piacimento. Però finisci la lettura di questo articolo prima di sbarazzartene, dato che può essere interessante fare qualche riflessione su quanto hai prodotto.

Identità frammentata e alta autostima

Compilare un elenco di informazioni personali è complicato. Come anticipato, l’ordine con cui si è spontaneamente riusciti a descrivere sé stessi offre alcune informazioni sul modo con cui si ha più facilmente accesso ad alcuni aspetti di sé o al modo con cui si è interpretato l’esercizio svolto.

La presenza di una gerarchia tra le informazioni che compongono la percezione di sé implica un certo grado di giudizio verso tali informazioni. È normale che delle informazioni personali contengano anche un margine di giudizio più o meno consapevole. Però tanto maggiore è questo giudizio, tanto più c’è il rischio che esista un collegamento insalubre tra identità e autostima. Per esempio, se mi descrivo ponendo molta enfasi sul mio lavoro è probabile che tale idea sia intimamente collegata alla mia autostima.

Questo legame è tanto più vincolante tanto più l’autostima è fondata su considerazioni poco realistiche. Essere competente in un mestiere è un’informazione identitaria e di autostima importante. Ma se la competenza professionale diventa fonte di autostima anche in settori non professionali, è probabile sia in corso la generalizzazione di un concetto contestuale che può portare a comportamenti incoerenti con il contesto, riversandosi su elementi identitari incoerenti.

Spesso ne risulta un’identità frammentata di cui il protagonista è poco consapevole.

E viceversa

Altrettanto se una persona con una buona autostima professionale non riesce ad avere autostima in settori non professionali, forse sta spontaneamente applicando un modo sano e pratico di vivere l’autostima sul lavoro, ma non sta riuscendo a fare altrettanto negli altri ambiti.

Di conseguenza in questo caso l’autostima nei settori non professionali forse si sta basando su alcuni elementi irrealistici che provocano una percezione frammentata del sé a lavoro e del sé nella vita privata, favorendo una frammentazione dell’identità sottostante.

È frequente che questa frammentazione diventi evidente quando si chiede a terzi di descrivere una persona che conoscono solo in un settore. Spesso ne derivano percezioni molto diverse, quasi stessero descrivendo persone diverse.

Benessere identitario e accettazione

Un benessere identitario sano nasce da un’accettazione di sé in tutti gli aspetti che si impara a riconoscere della propria persona. Accettarsi ed apprezzarsi imparando a unire le informazioni private in una narrazione sensata e coerente è un buon modo di prendersi cura del proprio benessere e di conoscersi in modo sano e costruttivo.

Quando si osservano elementi frammentati ed incoerenti di sé che risulta difficile spiegare, cercare di comprenderli e amalgamarli in una visione coerente e univoca aiuta a comprendere meglio sé stessi e pone le basi per un rapporto maggiormente sano con sé stessi.

Nel caso in cui non si riuscisse a comprendere come alcuni elementi di sé possano essere coerenti, confrontarsi con altre persone o chiedere aiuto professionale ad un supporto psicologico può essere un buon modo di iniziare a valutare punti di vista alternativi che forse offrono lo spunto per completare gli aspetti su cui si ha maggiore difficoltà.

Dr. Valerio Celletti

Benessere identitario e autostima sana - Accettazione e coerenza - Valerio Celletti

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