Dal FOMO al JOMO – Dalla paura di rimanere esclusi alla gioia di rimanere esclusi


Chi si ricorda la FOMO, la paura di rimanere esclusi? Era un argomento piuttosto diffuso prima che tutto venisse sconvolto dalla pandemia del 2020. Ad oggi la struttura della FOMO esiste ancora, ma può essere utile cercare di capire come passare dal FOMO al JOMO, la gioia di rimanere esclusi.


Fear of missing out – FOMO

Nel 2019 il termine FOMO era piuttosto diffuso. Infatti due anni fa capitava di frequente sentirne parlare. Le ragioni principali erano due. La prima consisteva nel piacere agonistico del mostrare di sapere una parola che gli altri ignoravano. La seconda, invece, era la frequenza con cui sempre più persone vivevano con ansia il non riuscire a star dietro a tutte le novità.

Infatti FOMO è la sigla di Fear Of Missing Out, la paura di rimanere esclusi. Questa preoccupazione era notevolmente diffusa, e si manifestava in corse frenetiche dietro l’ultima iniziativa, nel dover partecipare a tutti gli eventi sociali, nel sentirsi in dovere di partecipare alla vita sui social, alle discussioni online, al dover sentire tutte le ultime HIT musicali del momento, aver visto in tempo l’ultima serie TV per partecipare alla discussione con gli amici o aver finito un videogioco da 50 ore per poterlo commentare dopo meno di una settimana dalla pubblicazione. Una corsa disperata per non rimanere esclusi.

In una realtà frenetica in continuo fermento, essere in pari con tutta l’enorme mole di contenuti a disposizione era quasi impossibile. Farlo, realmente, poteva consistere quasi in un lavoro a tempo pieno. Descritto in questi termini può sembrare assurdo, ma è invece tremendamente comprensibile. Anche esperienze come il viaggiare e vedere mete esotiche spesso è più orientato a costruire argomenti di conversazione che a godersi un’esperienza esplorativa personale e significativa.

Sei stato a New York e non hai visto la statua della libertà o non sei stato sull’Empire State Building? “Devi” andarci!

La pesantezza della FOMO

Tutto per un naturale e impegnativo bisogno di socializzare offrendo un contributo significativo alla propria partecipazione sociale. Preparandosi argomenti per non lasciare silenzi imbarazzanti che spingano i presenti a rendersi conto di un eventuale elefante nella stanza; che quasi tutto è sostituibile e sopravvalutato. Non esiste un valore reale, ma solo significati condivisi.

Nella FOMO il velo dietro la leggerezza dei contenuti non è percepibile. Tutto lo sforzo profuso nel rimanere al passo diventa incredibilmente serio. Cadono i margini per potersi vedere e apprezzare nella propria semplicità.

Dal 21 febbraio 2020, con l’inizio dei primi lockdown Italiani, la frequenza con cui si parlava di FOMO è scesa notevolmente. Il distanziamento sociale ha provocato una reale esclusione collettiva. Ma l’argomento non è scomparso, è mutato. Siamo passati da una competizione più o meno sportiva in cui potevano partecipare tutti, a una guerra ingiusta. Rimanere esclusi è passato da essere una paura, ad essere una realtà.

Come succede spesso, quando si realizza un evento temuto le cose non vanno quasi mai come avremmo pensato.

Dalla paura alla realtà

Rimanere esclusi ha portato al concretizzarsi delle conseguenze temute. Ognuno ha iniziato a vivere e confrontarsi con quello che ha a disposizione e deve, per legge, mantenere il distanziamento sociale. Se il contatto sociale può rappresentare una fonte importante di stress emotivo, tale ansia era commisurata all’importanza centrale attribuita all’interazione sociale. Eliminare la socializzazione ha anche danneggiato un elemento centrale della motivazione a varie attività. Lo studente ha perso la ricompensa della socializzazione, il lavoratore non interagisce più con i colleghi e lavora senza guide ne supporti, e chi è fuori da entrambe queste categorie risulta ancora più congelato e abbandonato.

Durante il primo anno di pandemia e lockdown molte persone hanno esperito profondi vissuti di tristezza, demotivazione, perdita di interesse, rabbia e gelosia verso gli altri e un’aumentata tendenza ad autocommiserarsi nella convinzione di non star facendo abbastanza.

Riemerge così la FOMO, la paura di rimanere esclusi, ma non più attiva e partecipata. La FOMO continua come esperienza terribilmente reale ed ormai drammaticamente concreta a cui non è più possibile reagire con le strategie precedenti. Non è più possibile viaggiare per raccontare il mondo, fare binge watching per tenere comizi sulle serie TV o forzare un proprio spazio nella giungla sociale quotidiana. Tutti si vedono solo su appuntamento, per motivi predefiniti, senza zone grigie in cui intrattenere conversazioni leggere o esercitare il tratto forte delle proprie soft skill.

Durante il 2020 la FOMO è cambiata, e ad essa è opportuno iniziare a reagire con una prospettiva adeguata.

Joy of missing out – JOMO

Alcuni colleghi suggeriscono sia opportuno iniziare a promuovere un certo grado di quella che hanno definito, per contrapposizione alla FOMO, la JOMO. JOMO è la sigla di Joy Of Missing Out, la gioia di rimanere eslcusi. Non significa esattamente l’opposto della FOMO, ma una reazione che è utile promuovere. Infatti per JOMO non si intende essere davvero felici di essere finalmente esclusi dalla società. Piuttosto la JOMO corrisponde alla riscoperta di un certo grado di felicità anche all’interno dell’esclusione sociale.

Non frequento persone nuove? Non ho una relazione di coppia? Non vengo apprezzato o cercato dagli amici? Va bene lo stesso. Non sfrutto costruttivamente il tempo? Non faccio una seconda laurea in pandemia? Non imparo a cucinare o a suonare uno strumento? Va bene lo stesso. Non ho colto l’opportunità nella crisi? Non ho rinsaldato i miei legami? Non ho riscoperto il valore delle piccole cose? Va bene lo stesso.

Viviamo in tempi eccezionali

Il lockdown e la pandemia che ha travolto l’umanità intera nel 2020 è un evento eccezionale. Nessuno poteva essere preparato a una situazione simile. Sopravvivere è un obiettivo più che sufficiente. È importante riconoscersi il diritto a perseguire obiettivi minimi. Mantenere un livello minimo di salute. Cercare di promuovere un minimo di reddito o di risparmio. Prendersi cura del proprio benessere mentale nei limiti imposti dalla situazione e del buon senso.

La JOMO è possibile solo se si riesce a smettere di paragonarsi sia agli altri, sia alla propria idea di sé e di come si pensa si sarebbe dovuti essere. Accettare il proprio presente, la propria realtà e le proprie difficoltà è un passo importante per lavorare nella direzione di affrontarle in modo costruttivo.

Chi sembra reagire meglio, spesso reagisce soprattutto in un modo diverso che sta risultando più efficace. Diverso non significa migliore. Il diverso si basa anche su occasioni e premesse diverse. Serve ragionare con leggerezza e cercare di trovare un margine di gioia e felicità in quello che si fa, con gratitudine e partecipazione. Non è quello che avevamo programmato, ma non è neanche il quotidiano che abbiamo meritato. Siamo tutti all’interno di tempi eccezionali e, ora come ora, serve riconoscersi il diritto a sopravvivere per ricostruire un personale e desiderabile senso di normalità.

Dr. Valerio Celletti