È possibile desiderare la felicità?
Quando si esprime un desiderio, una formula sintetica e ricorrente consiste nel desiderare la felicità. Esprimere il desiderio di essere felici e, con questo, dire tutto e nulla. Ma è possibile desiderare la felicità? Forse questo desiderio sottende confusione su cosa sia la felicità.
Esprimere un desiderio impossibile
Se fosse possibile esprimere un desiderio, è possibile che molte persone chiederebbero tutte la stessa cosa. Desidero essere felice, o desidero che la persona che amo sia felice. In alcuni casi un genio malvagio potrebbe valutare espedienti grotteschi per esaudire questa richiesta, ma in tutti gli altri scenari il genio probabilmente non esaurirebbe il desiderio e chiederebbe di riformulare la richiesta. “È una tautologia, la tua richiesta non può essere esaudita”.
Infatti desiderare la felicità implica una profonda mancanza di consapevolezza in merito a come funziona la felicità.
Esiste l’infelicità?
Il ruolo speciale attribuito a questa emozione ha portato a conseguenze di dubbia efficacia. È un’emozione che viene considerata positiva e che diversamente dalle altre è tenuta in considerazione sia per la sua presenza “sono felice” che per la sua assenza “sono infelice”. Generalmente è meno frequente sentir dire “non sono triste”, “non sono arrabbiato”, “non sono preoccupato”, “non sono disgustato”, “non mi sento sorpreso”. E tutte queste espressioni usano la formula “non sono”, perché non esiste il termine intriste, disarrabbiato, despaventato, indisgustato o asorpreso. Invece è di uso la parola “infelice”. Quasi come se la felicità sia ragionevolmente presente e sia significativo la sua mancanza.
Non è detto che questa prospettiva sia la più efficace.
La felicità non è un buon indicatore della salute del proprio percorso di vita. Essere felici è un’emozione piacevole che è utile che contraddistingua alcuni momenti della propria esperienza, ma non è l’obiettivo per cui alzarsi al mattino. Infatti la felicità, come tutte le emozioni, risponde al proprio modo di pensare.
Tradurre l’emozione in un pensiero utile
Essere felice è un’esperienza naturale e transitoria conseguente un modo spontaneo della mente di valutare desiderabile un pensiero. I desideri sono mutevoli. Possono cambiare in base alla fase della vita, alle proprie prospettive, alle priorità, all’ambizione o alle necessità che contraddistinguono quel determinato momento.
Perché desiderare la felicità sia una frase con un senso compiuto è necessario che sia tradotta con un contenuto desiderabile. Desidero una casa più spaziosa è una frase comprensibile, desidero essere felice invece suona simile al desiderare che i propri pensieri siano desiderabili. Desidero desiderare quello che penso. Un genio benevolo ci impedirebbe di esprimere questo desiderio, mentre un genio malvagio invece potrebbe realizzarlo. Ogni pensiero diventerebbe desiderabile e felice. Se fossimo seduti, pensare di essere seduti diventerebbe desiderabile al punto da non avere più motivo di alzarci. Rimarremmo intrappolati in ogni pensiero, non riuscendo più a muoverci verso il successivo.
La felicità è un’emozione importante quanto le altre
Un contatto sano con le emozioni richiede di trattare la felicità in modo sano. L’unico modo per trattare equamente la felicità è trattarla per quello che è, un’emozione. Ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Ha un suo modo di funzionare. Ha dei limiti e delle controindicazioni. Ascoltarla, riconoscerla, perseguirla e saperla gestire è tutto parte di un unico modo sano di essere in relazione con sé stessi e promuovere un contatto sano con le proprie emozioni.