Riassunto

Successo e fallimento sono esperienze naturali e frequenti

Perché fallire è doloroso? Deve esserlo per forza?

Questo articolo tratta del fallimento e di come sia frequente considerare il fallimento come un’esperienza necessariamente dolorosa, ma non è detto che fallire debba essere doloroso. Definire meglio il concetto potrebbe aiutare a cambiare prospettiva e permettere di scoprire quanto il successo e il fallimento siano un’esperienza naturale e frequente.

Perché fallire è doloroso? Deve esserlo per forza? - Valerio Celletti

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Cos’è il fallimento?

A quasi nessuno piace fallire. Spesso l’idea del fallimento è associata a un mancato risultato. Ma il fallimento, come il successo, non coincide con il risultato. Le persone non sentono di avere successo per ogni azione che riescono a completare nel quotidiano. Tranne rari casi, le persone respirano senza vivere l’esperienza del respirare come se fosse un successo. Altrettanto, il fallimento è un processo complesso come il successo. Le persone non vivono come un fallimento ogni azione interrotta o incompiuta.

Si fallisce quando non si riesce a concretizzare un’intenzione. Il fallimento risiede più nella violazione di un’aspettativa che nel mancato risultato. Il cervello è un organo che tenta costantemente di attribuire un significato alla realtà, elaborandola secondo sequenze che ritiene riconoscibili ed etichettabili. Di conseguenza, le persone vivono immerse in un mondo che è costantemente interpretato dal loro cervello. La mente si aspetta che il mondo in cui è immersa si sviluppi verso determinati risultati, in accordo con le proprie aspettative e gli schemi di ragionamento di cui è a disposizione.

Il ruolo fondamentale delle aspettative nel fallimento

Cos’è un’aspettativa? Proviamo a fare un esempio.

Un’aspettativa è una previsione molto probabile di cosa accadrà in uno scenario. Bere una tisana calda è un’azione potenzialmente composta da innumerevoli movimenti, ma è sintetizzabile con l’etichetta “bere una tisana calda”. Se si chiede a una persona di immaginare l’azione del bere una tisana calda, tendenzialmente quasi tutti sapranno immaginare uno scenario che rappresenta questa idea. Quasi tutti hanno un’aspettativa di come si beve una tisana calda.

Se nell’atto del bere una persona si scottasse, o si versasse qualche goccia di tisana addosso o, ancora più rovinosamente facesse scivolare la tazza calda frantumandola a terra, fallirebbe.

Il programma “bere una tisana calda” si interromperebbe bruscamente. Lo scenario previsto non si svolgerà come da aspettativa. Il risultato atteso dalla mente non si realizzerà. Tale esperienza viola il principio di chiusura della gestalt. Qualcosa rimane aperto, interrotto e sospeso.

Nel fallimento la realtà supera il controllo

Nel momento del fallimento la realtà prende il sopravvento e gli schemi con cui il cervello tenta di sintetizzare la realtà si infrangono rumorosamente.

Per questo motivo fallire non piace quasi a nessuno. Durante il fallimento emergono i limiti della propria capacità di controllare la realtà. Ed è normale che alla maggior parte delle persone piaccia avere un certo grado di controllo. Controllare è una delle strategie fondamentali del modo in cui gli esseri viventi interagiscono con la realtà.

La maggior parte delle specie si limitano a controllare la realtà a loro disposizione con strategie più o meno elaborate. Gli esseri umani, invece, hanno la grande capacità di concettualizzare la realtà. Tale strumento si chiama metacognizione, cioè la capacità di pensare sui pensieri. Le persone non si limitano a controllare il visibile, ma tentano anche di controllare il significato invisibile che attribuiscono alla realtà.

Le competenze metacognitive che permettono il ragionamento astratto sono una componente essenziale dell’esperienza tipica del fallimento. Tutti falliscono quotidianamente. Ma tanto maggiore è la complessità e la rigidità con cui si è immaginato il successo, cioè si è immaginato che la realtà si dovrebbe sviluppare in un modo prevedibile, tanto più fallire diventa un’esperienza dolorosa. Tra le idee astratte che le persone tendono ad associare al successo, una delle più frequenti e controproducenti riguarda l’autostima.

Il successo è la concretizzazione di una previsione

Quando si esperisce il successo, avviene la realizzazione di un’aspettativa. Le aspettative sono previsioni che possono essere sia positive e desiderabili, sia neutre e poco considerate, sia negative e pericolose. Ma ritengo sia utile sottolineare che l’esperienza del successo non è esclusiva delle previsioni desiderabili.

Infatti, le persone vivono come un successo sia il raggiungimento delle previsioni ritenute positive, sia il raggiungimento delle previsioni considerate neutre. Un quotidiano piatto e prevedibile può suscitare un certo grado di noia e malcontento, ma la sensazione di completezza e chiusura di un contesto prevedibile è alla base di numerose esperienze di intrattenimento. Spesso le persone cercano uno stimolo noto e familiare non tanto perché desiderabile, ma perché confortevole e prevedibile. Non è raro che le persone riguardino più volte lo stesso film o la stessa serie tv per evadere da un quotidiano complicato e rifugiarsi in un contesto che ritengono il più prevedibile possibile.

Previsioni positive, neutre e negative.

È difficile etichettare come successo la concretizzazione di un’aspettativa negativa. Eppure le persone ritenute “pessimiste” tendono a ripetere che le cose andranno male anche per questo. Quando accadrà, e ogni tanto accade, loro avranno avuto ragione. Una vittoria di Pirro.

Chiarire questo dettaglio è importante per comprendere meglio il meccanismo del fallimento. Come l’esperienza del successo è collegata a previsioni sia positive, sia neutre, sia raramente negative, anche il fallimento non è esclusiva di una sola tipologia di previsione violata. Il fallimento può emergere dalla mancata concretizzazione di ogni genere di aspettativa. Riconoscere il fallimento nella mancata concretizzazione di aspettative positive o neutre è più frequente del rendersi conto del fallimento per la mancata realizzazione di una previsione negativa. Le persone che soffrono della sindrome dell’impostore spesso vivono alcuni successi come se fossero dei fallimenti.

Il fallimento può avere intensità sproporzionate

Riprendendo l’esempio precedente, sbrodolarsi mentre si sorseggia una tisana calda è un fallimento. Ma quanto è grave?

Perdere qualche goccia di tisana calda tendenzialmente ha conseguenze prive di importanza. Non si consuma un liquido prezioso. Non macchia in modo grave. Non ustiona in modo irreversibile. Ma nel momento in cui una persona inizia a mettere in discussione la sua idea di sé stessa, potrebbe rapidamente aggravare le conseguenze del fallimento.

Una persona che ha versato della tisana potrebbe affermare di essere goffa, distratta, sciocca, cretina, incapace o deficiente. Un’escalation di critiche e insulti completamente sproporzionate rispetto al fatto concreto. Ma il fallimento, appunto, non consiste nel fatto concreto o nel mancato risultato. Fallire è non concretizzare un’intenzione. Quando è in gioco l’autostima, l’intenzione a cui si cerca di dare concretezza è l’idea di sé stessi.

Le frasi ostili pronunciate dalle persone che soffrono dolorosamente l’esperienza del fallimento si riferiscono raramente a quanto è davvero accaduto. Un commento adeguato avrebbe potuto riguardare la scelta di impugnare la tazza mentre era troppo calda, o l’aver afferrato la tazza con una modalità inefficace, o l’aver dedicato troppe poche attenzioni al comportamento in corso. Invece, criticarsi o insultarsi è un commento completamente incentrato sull’idea di sé stessi.

Il fallimento non è mai stato così doloroso quanto nell’epoca contemporanea

Le persone falliscono da sempre, ma credo sia possibile ipotizzare che l’umanità in passato non soffrisse l’esperienza del fallimento con la gravità con cui soffre nell’era contemporanea. Probabilmente fallire è da sempre doloroso per la maggior parte delle persone, ma il modo in cui soffrono il fallimento le persone contemporanee credo contenga alcuni ingredienti inediti per dimensioni e frequenza.

Questo peggioramento è probabilmente causa di molteplici fattori che portano a porre eccessiva enfasi in un modo insalubre di ragionare sull’autostima. Provo a ipotizzare alcune cause, ma probabilmente ne esistono numerose. È frequente che le persone tendano a sopravvalutare l’importanza del successo e del fallimento sociali. Ed è altrettanto abituale che le persone si fidino eccessivamente di convinzioni astratte e non verificabili. Forse è possibile che l’epoca contemporanea contenga alcuni fenomeni sociali e tecnologici che peggiorano queste cattive abitudini.

Vediamo meglio entrambe queste possibili cause.

Il successo e il fallimento sociale sono sopravvalutati

Una possibile causa del peggioramento della gravità del fallimento è l’aumentata consapevolezza della complessità della sfida sociale. Le persone hanno sempre saputo che la società è una struttura complessa, ma in passato la maggioranza della popolazione non aveva né le informazioni né gli strumenti per provare a ragionare realmente sulle dinamiche sociali. Di conseguenza, era frequente che la sfida sociale fosse approcciata con maggiore passività. Venivano applicati alcuni criteri astratti, ma il fulcro dei ragionamenti era spesso pratico e concreto.

Ad oggi, invece, avere maggiori strumenti permette di provare a partecipare maggiormente alla sfida sociale. Le previsioni che determinano il successo o il fallimento si basano sugli strumenti interpretativi a disposizione della mente. Maggiori strumenti di riflessione sociale portano a un maggior contatto con il successo e il fallimento sociale. Questo processo non è necessariamente negativo, anzi, ma espone il fianco a una ulteriore difficoltà. Quando le persone formulano aspettative sulla realtà concreta, di solito riescono a valutare l’affidabilità delle proprie aspettative in modo abbastanza realistico. Diversamente, quando le persone provano a controllare una realtà prevalentemente astratta, sono maggiormente esposte al pericolo di non valutare efficacemente l’attendibilità delle proprie aspettative.

Fidarsi di aspettative irrealistiche espone inevitabilmente a fallimenti. Le situazioni concrete che sono sempre andate bene o male, diventano successi incredibili o fallimenti terribili quando vengono interpretati da criteri astratti irrealistici. Il successo e il fallimento sociale tendono ad essere ampiamente sopravvalutati.

La diffusione di convinzioni astratte e non verificabili

Una seconda possibile causa dell’aggravamento della dolorosità del fallimento contemporaneo potrebbe essere conseguenza dell’affollamento della scena pubblica e la conseguente esposizione a una parasocialità che amplifica il livello di attenzione a versioni frammentate e astratte dell’altro. Tutte le società hanno sempre avuto persone famose. Ma nessun periodo storico ha mai avuto un pantheon affollato come quello contemporaneo. La sfida non risiede nella numerosità dei personaggi famosi, ma nella inevitabile parzialità dell’idea che ne consegue.

Quando le persone idolatravano Napoleone Bonaparte riuscivano a collocarlo in un contesto più o meno realistico. Ad oggi, invece, è difficile essere consapevoli di quale sia la storia personale dei personaggi famosi o cosa li renda famosi. L’epoca contemporanea offre molte informazioni, ma la quantità eccessiva di informazioni crea un sovraccarico che porta a un processo di semplificazione feroce. Le persone non hanno né tempo, né voglia, né la capacità di soffermarsi su così tante persone. Di conseguenza, è frequente che le persone si affezionino ad alcuni punti di vista che ritengono particolarmente efficaci e che, in mancanza di tempo per analizzare tutte le informazioni, finiscano per utilizzare lo stesso criterio per spiegare tutti i fenomeni.

L’intensità del fallimento è proporzionale alla rigidità del pensiero non concretizzato. Anche in passato le idee finivano per diventare facilmente radicali, ma tendevano a riguardare questioni concrete su cui poter sperimentare e fare esperienza. Nell’epoca contemporanea, invece, le persone sono molto convinte di teorie che riguardano questioni astratte su cui non hanno quasi nessuna possibilità di sperimentare.

Il successo non deve per forza consistere nell’essere “qualcuno”

Quando una persona si trova davanti a una sfida ed è indecisa sul da farsi, è frequente che stia soppesando aspettative positive e negative riguardanti la sfida. Potrebbe ottenere un successo o incorrere in un fallimento. Motivarsi ad affrontare una sfida significa trovare un punto di vista che permetta di considerare realistico il successo desiderato. Migliorare la credibilità della propria aspettativa positiva o smontare la credibilità delle aspettative negative.

È frequente che le persone si impegnino per obiettivi che non sono concreti e operativi, ma astratti e identitari. Spesso le persone pensano di fare qualcosa non tanto per ottenere un risultato direttamente desiderabile, ma piuttosto per ottenere un risultato che permetta loro di pensare di essere “qualcuno”. Un processo metacognitivo che coinvolge l’autostima.

L’autostima è coinvolta spesso nei ragionamenti sul successo e sul fallimento. Questo non è necessariamente un problema. Però se le sfide diventano eccessivamente finalizzate a sostenere l’autostima, a quel punto fallire diventa un’esperienza emotivamente insostenibile.

Fallire non deve essere necessariamente troppo doloroso. Ma se una persona si adopera quasi esclusivamente per perseguire obiettivi astratti che hanno come quasi unico scopo la promozione di un’autostima desiderabile, è inevitabilmente che fallire diventi troppo doloroso. Imparare a ragionare più lucidamente sulle proprie aspettative cercando di promuovere sia aspettative realistiche, sia un’autostima più sana, è un buon modo per coltivare un rapporto migliore sia con il successo che con il fallimento.

Dr. Valerio Celletti

Perché fallire o avere successo è doloroso? Deve esserlo per forza?
Perché fallire è doloroso? Deve esserlo per forza? Valerio Celletti