The world’s toughest race

Gli sport estremi sono un buon modo per testare la mente?


Gli sport estremi sono un buon modo per testare la mente ed il corpo, ma è possibile che spesso, invece, finiscano per essere un modo per danneggiare la mente. Da un momento di consapevolezza e contatto con sé stessi e con le proprie fragilità e limiti, diventano un momento di aggressione e violenza a sé stessi ed al proprio valore. Il confine è sottile, ed è importante saperlo riconoscere per potersi godere piacevolmente un’esperienza unica come quella probabilmente offerta dalla gara più dura del mondo, la world’s toughest race.


The world’s toughest race

Recentemente ho avuto occasione di guardare the world’s toughest race, una gara di sopravvivenza in cui numerose squadre competono per raggiungere un traguardo attraverso un percorso complicatissimo nelle Fiji. Bear Grylls presenta il programma, disponibile in streaming su Amazon.

Personalmente ho sempre guardato con curiosità il modo in cui alcune persone decidano di mettersi alla prova in queste attività, investendo tempo, denaro e salute per vivere determinate esperienze. Ogni persona ha necessità diverse, ed ogni attività è assolutamente lecita e rispettabile finché non danneggia gli altri.

Nonostante questo, ho deciso di dedicare comunque qualche parola per commentare un dettaglio che ritorna frequentemente nelle interviste ai partecipanti alla gara. Infatti colgo con piacere come molte persone descrivano con felicità ed entusiasmo il rapporto con i compagni di squadra, con i luoghi che visitano e quanto orgoglio provino per il loro essere membri di una comunità sportiva.

Diversamente sorge qualche dubbio nel momento in cui alcune persone intervistate parlano del proprio rapporto con la propria mente. Infatti spesso alcuni partecipanti affermano di star testando la propria mente, allenandola a non arrendersi e ad affrontare le cose in modo combattivo e determinato. Ascolto sempre con stupore queste affermazioni, in cui non è chiaro il confine tra testare una mente allenata e cercare di domarla con violenza.

La mente è diversa dai muscoli

Infatti la mente è una struttura diversa dai muscoli e dalle altre parti del corpo. Spesso è possibile semplificarne il funzionamento con qualche similitudine o metafora, ma rimane che il cervello sia un organo unico e la mente al suo interno sia difficile da riassumere senza stravolgerne il significato reale. Se è possibile allenare i muscoli fino allo sfinimento aspettandosi un miglioramento muscolare, non è possibile fare altrettanto con il cervello e con la mente.

Per evitare fraintendimenti spendo due righe per definire cervello e mente. Il cervello è l’organo contenuto dentro la testa, mentre la mente è la somma delle informazioni contenute nel cervello ed il modo in cui interagiscono. Per semplificare, hardware vs software.

Allenare la muscolatura provoca un meccanismo automatico di rigenerazione dei tessuti, per cui i muscoli si consumano durante l’esercizio e si rigenerano più resistenti fuori dall’esercizio. Diversamente il cervello non migliora grazie all’esercizio, dato che è sempre costantemente in uso, e ristabilisce il proprio equilibrio chimico durante il sonno. È possibile allenare il cervello dormendo e seguendo un’alimentazione bilanciata. Mentre con la mente è possibile usare due approcci principali. Il primo consiste nell’aumentare il numero di informazioni a sua disposizione, mentre il secondo consiste nel consolidare il grado di credibilità delle informazioni a sua disposizione.

Lo sport estremo quindi non offre principalmente occasione per acquisire maggiori informazioni. Viaggiare è formativo, ma esistono meno costi e più benefici nel trascorrere tempo in biblioteca. Diversamente i partecipanti al the world’s toughest race, la gara più dura del mondo, sembrano essere (quasi disperatamente) impegnati a consolidare la credibilità di alcune proprie convinzioni.

Il problema è: quali convinzioni vogliono consolidare?

Alcuni partecipanti alla gara vogliono dimostrare a sé stessi di poter fare qualcosa. Altri vogliono dimostrare di essere qualcosa di valore. Ad un certo punto della gara un partecipante afferma di non potersi arrendere, altrimenti arrendersi significherebbe perdere il senso della propria vita. È sorprendente come il documentario riesca ad amalgamare sia persone che si ribadiscono quanto “siano abbastanza anche se non vincono o non arrivano al traguardo” e contemporaneamente accompagni nei propri sforzi una marea di persone alla ricerca di dimostrare qualcosa a qualcuno, soprattutto a sé stessi.

Se una persona è abbastanza, serve viaggiare fino ad un’isola meravigliosa (ma sperduta) e mettere a rischio la propria salute tra acqua, fango e vento per migliorare la propria mente? Esistono sicuramente molte ragioni per partecipare a queste competizioni, ma dubito che quella di testare la mente sia davvero un obiettivo efficace. Infatti nelle competizioni estreme non credo si testi davvero la mente, ma piuttosto esista un tentativo di domarla. Il risultato non migliora la mente sviluppandone la creatività, l’apertura, la rapidità e l’intelligenza, ma piuttosto consolida la determinazione, cementa alcune credenze agonistiche e rischia di peggiorare il modo in cui si percepisce sé stessi irrigidendolo intorno ad alcune convinzioni semplicistiche.

Anche il corpo se viene affaticato in modo eccessivo può arrivare a rompersi invece che migliorarsi. Infatti il proverbio “quello che non mi uccide mi rende più forte” è estremamente discutibile. Spesso quello che non mi uccide mi lascia in fin di vita.

Come testare la mente in modo sano?

Quindi gli sport estremi possono essere validi ed opportuni per molte ragioni, ma dubito che siano una via efficace per testare la mente in modo sano. È più costruttivo allenare la mente nel quotidiano, allenandola ad essere il più consapevole e presente possibile durante il proprio agire. Questo lavoro non richiede di mettere a rischio la propria salute, e curiosamente non sottrae neanche tempo alle altre attività. Essere presenti e consapevoli nel proprio funzionamento mentale è possibile nel mentre che si agiscono le proprie normali attività quotidiane. Lavorare, relazionarsi, studiare, sistemare casa, badare ai figli, fare sport, qualunque cosa. Infatti il cervello, come dicevamo prima, è sempre attivo quando siamo svegli. Sta a noi esserne consapevoli ed ascoltare il nostro funzionamento mentale mentre accade, così da farne esperienza, riconoscere le nostre convinzioni e consolidare o disfare le convinzioni che sembrano meno efficaci o desiderabili. È un lungo lavoro di limatura che può essere svolto in parallelo al resto delle proprie attività.

Se si desidera testare la mente nello sport estremo, quello che sarebbe opportuno fare non consiste nel ripetersi dogmaticamente cosa si deve o non si deve fare o credere. Piuttosto serve coltivare un approccio sereno e rilassato in cui monitorare costantemente costi e benefici della propria decisione e rinnovarla tutte le volte che l’attività lo richiede. Cambiare idea, arrendersi, non potrebbe mai essere la fine del mondo. Potrebbe essere un’alternativa, plausibile, da rimandare a tutti i costi per amore della competizione e dell’esperienza. Ma la propria vita non ne risentirebbe e la propria autostima non ne verrebbe intaccata. È probabile che con un approccio simile si troverebbero maggiori motivazioni a fare un turismo spartano piuttosto che sport estremo, ma questo rientra nei gusti personali.

Dr. Valerio Celletti