Troppo intelligente per non avere ansia?

L’ansia è conseguenza di un eccesso di intelligenza? E la calma è il prodotto di una radicata stupidità? Entrambe le opzioni sono ampiamente discutibili. Quindi provo a metterle in discussione approfondendo principalmente 3 punti. Come le difficoltà d’ansia siano spesso formulate in modo inefficace. Il fatto che l’esperienza dell’ansia sia spesso un’esperienza frustrante in cui sentirsi incompresi. E un chiarimento sull’importanza della correttezza formale del pensiero nella competenza emotiva. Tutta la riflessione nasce da uno spunto offerto da una puntata di MasterChef Italia, quindi verrà dedicato un momento iniziale e finale a quanto emerso durante la trasmissione.

Troppo intelligente per non avere ansia? - Miti da sfatare - Valerio Celletti

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È un mito da sfatare

Durante la 14° edizione del programma televisivo MasterChef Italia, una concorrente ha espresso un’opinione che credo valga la pena citare. “Non sono spensierata. Sarei più spensierata se fossi più stupida e non mi rendesi conto di che occasione ho fra le mani”. Alessia, 2025.

Personalmente non sono d’accordo con questa affermazione, ma prima di approfondire ci tengo a chiarire un aspetto fondamentale della mia risposta. La mia intenzione non consiste nell’analizzare il pensiero della concorrente Alessia. La frase citata è una frase decontestualizzata da un discorso più ampio tra quelli che i concorrenti registrano nelle interviste in cui gli viene chiesto di commentare quanto accaduto in trasmissione.

Però, citare questa frase offre l’occasione per parlare di un tema che emerge con una certa frequenza in psicoterapia. L’idea che essere in ansia, essere preoccupati o essere agitati sia merito di una qualità, l’intelligenza, e che la calma sia conseguenza di un difetto, la stupidità. Discutiamone.

Un problema di formulazione inefficace dell’ansia

Parte dell’equivoco nasce dal modo in cui è consuetudine formulare le frasi sull’ansia. Essere in ansia. Avere l’ansia. In realtà queste frasi non descrivono quello che sta accadendo realmente. L’ansia è un’emozione naturale che caratterizza il funzionamento di tutte le persone. Nessun cervello, umano o animale, è totalmente privo di ansia. Però la maggior parte degli esseri viventi tende a gestire l’ansia in modo più efficace ed efficiente di chi ritiene di “avere l’ansia”.

È frequente che le persone che soffrono di problemi d’ansia abbiano grande difficoltà a ridurne l’intensità per la mancanza di competenze utili nel gestirla. I problemi d’ansia sono conseguenza di una carenza; un difetto colmabile con lo studio e l’acquisizione di competenze adeguate.

Quindi non si tratta di avere o non avere l’ansia. Piuttosto, si tratta di essere capaci o non capaci nel gestirla.

Formulata in questo modo, è difficile che le persone credano al mito che desidero mettere in discussione. È difficile che una persona che ammettesse di non avere una competenza che le permetterebbe di essere calma possa affermare di essere “troppo intelligente per essere competente”.  Sarebbe esplicitamente contraddittorio.

È frequente che le persone in difficoltà con l’ansia considerino stupide o superficiali le persone con meno difficoltà nella gestione dell’ansia. Seguendo il ragionamento del mito, ne originano frasi come “beato te che non hai l’ansia come me” o il più ironico e volgare “beato te che non capisci niente”. Anche se solitamente non usano il termine “niente”… Intelligenza ansiosa contro stupidità rilassata.

I problemi d’ansia portano a sentirsi incompresi

Il mito secondo cui l’ansia è il prodotto dell’intelligenza nasce spesso dall’esperienza di incomprensione che vivono le persone che soffrono per l’ansia. È frequente che una persona afflitta da un’ansia intensa abbia difficoltà a comunicare efficacemente le ragioni della propria paura. I suoi interlocutori raramente sentiranno la stessa intensità emotiva e, anche nel caso raggiungessero la stessa intensità, in realtà vivrebbero sempre la propria esperienza di ansia e non condividerebbero mai la stessa emozione.

L’incomunicabilità dell’ansia è un’esperienza frustrante e solitaria. Rende disponibile l’idea che tutti siano troppo stupidi per comprendere la propria personale visione catastrofica del futuro. E tale convinzione è alimentata dal modo spesso semplicistico e riduttivo con cui ricevono rassicurazioni dai loro interlocutori.

“Non pensarci”. “Andrà tutto bene”. “Stai esagerando”. “Non mi pongo questi problemi”. Pensieri sintetici che impallidiscono di fronte alle interminabili elucubrazioni di una persona attivamente in difficoltà con l’ansia.

L’ansia intensa e dolorosa è il prodotto di un pensiero formalmente fragile

Ma la difficoltà delle persone che soffrono per la propria ansia spesso consiste proprio in questo. Riflessioni quantitativamente colossali, ma qualitativamente fragili. Tra le riflessioni di una persona in crisi d’ansia è frequente trovare pensieri parziali, ragionamenti interrotti, contraddizioni, valutazioni poco realistiche e un sottofondo intenso e costante di controllo astratto e assoluto, applicato a questioni concrete e limitate.

Il benessere emotivo è il risultato di una coerenza e correttezza formale del pensiero.

Non servono necessariamente pensieri contenutisticamente corretti per stare bene emotivamente. Alcune credenze bizzarre possono creare equilibri emotivi coerenti ed efficaci se coltivate in ambienti favorevoli. Se possibile, suggerisco di preferire i pensieri realistici per la loro versatile capacità di adattarsi alla maggior parte degli ambienti. Ma è un consiglio che non è vincolante per la promozione del benessere emotivo.

L’assenza di spensieratezza in MasterChef 14

Tornando alla citazione iniziale; non riuscire a essere spensierata è un limite. Nel programma TV probabilmente chi ha utilizzato per primo il termine “spensierata” non è stata la concorrente, ma il suo intervistatore. È possibile che la conversazione volgesse a suggerire alla concorrente Alessia di tornare a divertirsi con atteggiamenti provocatori ed esagerati come a inizio programma. Quando proclamava in modo scherzoso che sarebbe diventata giudice di un’edizione futura del programma.

Non riuscire a scherzare più probabilmente non è stato conseguenza di un eccesso o una mancanza di intelligenza, ma di un eccesso di paura. In questo caso non si tratta di essere diventati intelligentemente consapevoli di quanto sia preziosa la propria occasione. Ma, piuttosto, di essere distratti da pensieri catastrofici che rendono poco efficiente il proprio ragionamento. È difficile performare in una sfida impegnativa quando si pensa ad altro. La mente si distrae pensando al futuro, e non riesce a concentrarsi sui fornelli che ha davanti.

Questo meccanismo crea quello che in psicologi spesso è identificato con l’immagine ricorrente della profezia che si autoavvera. Per paura di perdere un’occasione, si finisce per comportarsi in un modo tale che porta a perdere l’occasione.

Dr. Valerio Celletti

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