Lo Zeitgeist del Coronavirus
Tutte le frasi sul Coronavirus tendono a ruotare intorno alla frase “ai tempi del coronavirus”. Ma cosa significa essere ai tempi di qualcosa? Lo Zeitgeist è proprio questo, lo spirito dei tempi, che accompagna e definisce il presente, influenzando in modo indelebile il futuro.
Ai tempi del coronavirus
Da febbraio 2020 i giornali Italiani hanno iniziato a usare con frequenza il titolo “ai tempi del coronavirus”. Questa dicitura richiama il libro “l’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Marquez. L’amore ai tempi del coronavirus, il pranzo in famiglia ai tempi del coronavirus, la spesa ai tempi del coronavirus. La dicitura “ai tempi del” non è priva di significato, e richiama un concetto riconducibile al termine Zeitgeist.
Zeitgeist è una parola tedesca del 1800 usata per descrivere quello che, in Italiano, potremmo tradurre con lo spirito dei tempi. Ogni periodo storico ha un suo contesto culturale definito da eventi, scoperte scientifiche o rivoluzioni religiose o filosofiche che ne caratterizzano il periodo. Lo spirito dei tempi è la sintesi dei motivi per cui chiamiamo alcune epoche storiche con etichette come “illuminismo”, “rivoluzione industriale” ecc…
Questo non significa che in un determinato periodo storico le persone siano tutte uguali. Durante la rivoluzione industriale non tutti lavoravano in fabbrica o ne possedevano una. Prima della rivoluzione industriale non esisteva la parola “operaio”, mentre durante quei tempi era diventato un termine di uso comune. L’esistenza degli operai ha portato alla costruzione di nuove città, quartieri residenziali, movimenti filosofici e politici e molto altro.
È ragionevole dire che aver fatto l’operaio ai tempi della rivoluzione industriale significasse essere figlio dei propri tempi; incarnare lo Zeitgeist.
Periodi storici e identità individuale
L’identità di ogni persona è profondamente ancorata al periodo in cui è vissuta. Per comprendere Dante Alighieri ed apprezzarne la Divina Commedia, serve conoscere il contesto politico in cui è cresciuto ed il modo in cui ne è stato influenzato. Questo concetto era vero per una persona del 1200 ed è ancora vero per chi nasce nel 2000. Quasi tutti avranno sentito parlare di Baby Boomers, Generazione x, Millennials e Generazione z. I “Baby Boomers” sono le persone nate tra il 1945 e il 1965 cresciute nel dopo guerra (l’evento storico che ha caratterizzato quei tempi) ed hanno vissuto il periodo della ripresa economica. La “Generazione X” riguarda i nati tra il 1965 e il 1980 che hanno vissuto la guerra fredda e tutte le sue conseguenze, tra cui la cultura della diversità e l’importanza dell’inclusione. I “Millennials” sono le persone nate tra il 1980 e il 2000 cresciute nell’epoca della post-verità e della crisi economica. Infine l’etichetta “Generazione Z” vorrebbe indicare le persone nate tra la fine del 1990 e il 2010 caratterizzandoli come i nativi digitali, cioè i primi cresciuti a stretto contatto con l’informatica e che la vivono come una naturale estensione del proprio quotidiano.
Ogni generazione è figlia dei propri tempi, influenzata dallo Zeitgeist e da tutto quello che comporta in modo diretto o indiretto. Questo non significa assolutamente che la Generazione Z debba essere composta da informatici. Ma rende estremamente probabile che tutti i membri della Generazione Z abbiano un’opinione in merito ai social network, sappiano usare sufficientemente bene uno smartphone e che coltivino i rapporti interpersonali sia dal vivo che a distanza. Una persona della Generazione z che non sa cosa sia Facebook non è figlio dei suoi tempi.
Lo Zeitgeist dell’epidemia?
A dicembre 2019 a Wuhan, capoluogo della provincia Cinese dell’Hubei, è iniziata un’epidemia di COVID-19, cioè la diffusione di un nuovo coronavirus altamente contagioso che produce sintomi respiratori che, in alcuni casi, possono essere letali. A febbraio 2020 (ma forse già da gennaio 2020) il COVID-19 è arrivato in Italia, producendo un’emergenza nazionale. Inizialmente si è ipotizzato che il problema potesse essere contenuto, ma in breve si è realizzato che il COVID-19 si era già propagato in tutta la nazione. Questo problema di salute coinvolge tutta la popolazione. Statisticamente, il coronavirus colpisce in modo più grave le persone anziane, ma può essere altrettanto letale per i giovani. Di conseguenza è possibile che questa epidemia toglierà la vita a molte persone. Al 10/03/2020 in Italia sono morte 631 persone su 10149 contagiati accertati. Non si contano tutti quelli non accertati e tutti coloro che sono considerati deceduti per altre cause, quindi probabilmente il numero è più alto.
Le reazioni al coronavirus sono state varie. Alcuni si sono fatti prendere comprensibilmente dal panico, mentre altri hanno reagito con scetticismo. La maggior parte dei politici non si sono fermati. Alcuni hanno risposto lanciando slogan come #milanononsiferma, sfidando una malattia che non conoscevano. Non avere troppa paura è corretto, ma avere paura di un’epidemia che può essere letale è una reazione sana ed utile.
È possibile che si sia verificato uno scenario complesso, in cui una parte delle persone che invitavano a non far vincere la paura erano anch’esse vittima di una paura eccessiva, quella del declino economico. “Non possiamo fermarci solo per un’influenza”.
La paura è una reazione sana a un mondo complesso
Avere paura è una reazione naturale che può avere un ruolo fondamentale nella sopravvivenza. Se eccessiva, la paura diventa panico. Quando si è nel panico si è impossibilitati a gestire in modo strategico le proprie alternative. Si prendono decisioni conservative nel tentativo di preservare la propria condizione. A volte, nella maggior parte dei casi, le decisioni condizionate dal panico tendono ad essere controproducenti. Chi sperava che Milano non si fermasse, desiderava che il suo business plan non venisse influenzato (nel vero senso della parola) dal COVID-19. Ma una lettura meno spaventata, indipendentemente dalla competenza in merito di malattie, probabilmente avrebbe suggerito un comportamento più prudente utilizzando slogan come #milanorallenta.
Il Coronavirus COVID-19 è altamente contagioso e si propaga in modo rapido, aiutato da un mondo tecnologico in cui Wuhan e Milano sono più vicine di quello che si possa pensare. Quasi nessun Milanese è mai andato a Wuhan, ma tutti gli Italiani si trovano contagiati da una malattia che fino a qualche mese fa era a 8.684 km di distanza. Questa novità impone una sana preoccupazione che colpisce la salute di alcuni, ma, ancora di più, lo stile di vita di tutti.
Il confine tra la paura e il panico è un confine sottile che, a volte, è comprensibile solo con il senno di poi. In molti casi, chi si preoccupa per eventi che non sembrano avere delle ricadute pratiche rischia di essere etichettato come catastrofista, complottista o esagerato. Ed è difficile distinguere tra un pensiero esagerato e un pensiero ragionevolmente spaventato. Un tema simile, che per molti anni è stato tacciato di allarmismo ed esagerazione, è quello dell’ambiente.
Lo Zeitgeist del coinvolgimento nel futuro del mondo
Negli ultimi anni il tema della sicurezza ambientale è diventato un argomento di cronaca. Nel 2019 è nato il movimento Friday for future, per manifestare pacificamente a favore di una politica attenta all’ambiente. L’attenzione al futuro del pianeta è un pensiero che è nello spirito di questi tempi, e passa per il coinvolgimento, seppur piccolo, di ogni persona sul pianeta. L’attenzione alla salute pubblica è un corollario naturale di questa ideologia.
La generazione nata dopo il 2000, ad oggi, non ha ancora una classificazione definitiva. È possibile che saranno ricordati come la Generazione Z per la rivoluzione digitale, ma gli eventi recenti mi portano a dubitare della durata di questa etichetta. È possibile, invece, che l’ambiente e la salute del pianeta e dei suoi abitanti siano molto più vicini allo Zeitgeist di quanto non sia l’invenzione dello smartphone. Oppure è possibile che le due cose vadano di pari passo, così che la generazione attuale sia ricordata, in futuro, come la generazione dei nativi digitali che, in quanto maggiormente connessi, hanno imparato a vivere ponendo attenzione a una prospettiva globale sugli eventi, senza lasciarsi distrarre esclusivamente dal proprio orizzonte. Una nuova prospettiva di orizzonte digitale dai confini minati dalle fake news, ma più ampi di ogni generazione precedente.
Chi non si adatta al cambiamento dei tempi, forse è possibile che non abbia paura del COVID-19 perché non tema di morire o di uccidere altre persone, ma non è immune alla paura.
La paura di ridefinire la propria identità
Per evitare di lasciarsi prendere dal panico, è importante riconsiderare la propria identità ed adattarla ad un mondo che pone davanti a sfide molto più ampie di quanto fosse possibile immaginare in passato. Quando si criticano alcune persone che non rinunciano all’aperitivo nonostante l’emergenza sanitaria, si fa una critica adeguata. Allo stesso tempo, può essere importante comprendere il motivo della loro decisione, almeno per evitare di replicarla involontariamente.
Alcune persone non rinunciano all’aperitivo perché quel comportamento sociale è un fondamento importante della propria identità. Si tratti di un adolescente che non rinuncia a farsi vedere impavido difronte a un pericolo che non comprende; come si tratti di un anziano che non riesce a rinunciare alla propria passeggiata nella piazza in cui incontra da anni le solite persone con cui si intrattiene a parlare. In entrambi i casi, entrambi sono terrorizzati all’idea di separarsi dalle proprie certezze.
Per essere figli di questi tempi, invece, serve sapersi adattare a un mondo ampio e, a volte, pericoloso, che può stravolgere i programmi. Nei casi migliori, è possibile che qualcuno perderà settimane o mesi per questa epidemia. Nei casi peggiori, in molti perderanno la vita. Adattarsi, applicando alcune norme igienico sanitarie adatte all’epidemia, è il modo migliore per reagire. Allo stesso tempo, lo Zeitgeist non si limiterà ad influenzare i prossimi mesi. La fine della guerra mondiale, la fine della guerra fredda con la caduta del muro di Berlino, la crisi economica Europea e la rivoluzione digitale sono eventi che modificano in modo indelebile la nostra percezione della realtà. Esisterà un tempo prima e un tempo dopo il COVID-19, sta a noi decidere quanto in fretta adattarci.